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Post/teca<br />

messaggi apparsi sui cartelli stradali, con divieti preoccupanti, di pensare, sognare e<br />

respirare; fino alla campagna dal forte impatto visivo «Traffic Kills».<br />

«La decisione di trasferirmi a Torino era legata agli studi e agli amici - spiega<br />

Opiemme -. A posteriori la scelta si è rivelata azzeccata: proprio il passaggio da una<br />

piccola realtà del litorale a una grande città è stato un input importante per il mio<br />

lavoro, in questi anni ho vissuto importanti esperienze formative. Devo molto a<br />

Torino». E anche se non c'è il mare, pazienza: «Grazie al mio lavoro mi muovo<br />

molto e riesco a vederlo abbastanza spesso».<br />

Tutto iniziò alla fine degli Anni Novanta, riscoprendo la passione per quella<br />

letteratura che durante gli anni del liceo, per una ragione o per l'altra, si finisce per<br />

odiare. «Ho iniziato a scrivere», e a pubblicare, prima una raccolta di poesie,<br />

“Sfioraci”, poi una di racconti, “Sette”. Ma ben presto mi sono reso conto che se sei<br />

giovane e sconosciuto hai poche possibilità di raggiungere i lettori. Allora ho cercato<br />

di svecchiare i canali di comunicazione della poesia, ho provato a portarla per<br />

strada, verso le persone, avvicinandola a forme di arte urbana, legate alla street art,<br />

al graffiti writing, alle installazioni». Un poeta post moderno, che propone una<br />

rivoluzione punk della poesia: «Spesso uno Stato cerca diversi modi per creare<br />

legalmente ignoranza. Io, portando le parole mie di altri autori sui muri, è come se<br />

facessi illegalmente cultura».<br />

Tema di estrema attualità, vista la tolleranza zero promessa dal sindaco di Milano,<br />

Letizia Moratti, verso i graffiti e i graffitari. «Mi dispiace concordare con Bossi, ma<br />

ha ragione nel dire che “i muri sono il libro di un popolo” - spiega Opiemme -. Fare<br />

guerra ai writers è velleitario, sarebbe più opportuno crescere i giovani<br />

avvicinandoli all'arte, concedendo loro spazi idonei. Dall'altra parte, chi fa le scritte<br />

sui muri è giusto che conosca e accetti le regole del gioco. In quelle sono contenuti il<br />

rispetto e la tutela del bene privato. Vanificare le norme adducendo l'arte, è nel<br />

tipico stile italiano: una perdita di valori».<br />

Uno degli esempi più incisivi dell'opera torinese di Opiemme, rimane l'installazione<br />

realizzata sulla pensilina GTT davanti all'Accademia di Belle Arti, commissionata<br />

dallo stesso istituto in occasione di Artissima 2007: la fermata venne<br />

completamente ricoperta con testi di autori transitati per Torino: «Un punto di<br />

passaggio come la fermata dell'autobus è così diventato metafora del passaggio<br />

letterario». Ma sono molti i luoghi in città diventati teatro delle installazioni di<br />

Opiemme. «Uno di quelli a cui mi sento più legato è l'Hiroshima Mon Amour, che<br />

da sempre ha aperto le sue porte alle mie opere. E poi San Salvario e il Valentino;<br />

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