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Post/teca<br />

Delphin Alard, il migliore violinista francese del tempo. Ascolta la conversazione,<br />

l'immancabile chiusa di Tarisio e sbotta: «Ma insomma, il vostro violino è come il<br />

Messia degli ebrei. Lo si aspetta sempre, ma non appare mai». Il nome è dato, per<br />

sempre. Tarisio muore nel 1854, senza eredi, e questa volta è Vuillaume a scendere<br />

da Parigi a Milano. Va nell’appartamento di Tarisio e, in un disordine e sporcizia da<br />

clochard, trova molti violini, ma non quello che più di ogni altro cerca. Mette in fila<br />

nomi, indirizzi, ricordi, raggiunge una cascina tra Lombardia ed Emilia. Il Messiah<br />

è nascosto lì, in una stalla, come un suo omonimo di molti anni prima. Custodi sono<br />

due sorelle, ignare del valore di quello Stradivari. A Vuillaume lo strumento appare<br />

subito bellissimo e proporzionato: lungo 59,3 centimetri, profondo circa 3; la<br />

vernice finissima che dà alla tavola in abete rosso della Val di Fiemme un caldo<br />

colore arancio-marrone; l’intensa e irregolare marezzatura delle nervature del<br />

fondo, costituito da due pezzi di acero perfettamente uniti; l’inclinazione accentuata<br />

delle due «effe», i fori della parte anteriore indispensabili per far «volare» il suono;<br />

l’eleganza delle curve del riccio, la parte conclusiva del manico. All’interno, appare il<br />

cartiglio con la sigla del maestro: «Antonius Stradivarius Cremonensis faciebat<br />

1716». Il suo periodo d’oro.<br />

Eccolo, ora, il Messiah farsi ammirare nel negozio di Parigi; Vuillaume lo conserva<br />

con scrupolo, resiste alle mille richieste di vendita; evidentemente colpito anche lui<br />

dal morbo di Tarisio, non lo fa suonare a nessuno. Il Messiah rimane muto.<br />

Vuillaume muore, i suoi tesori vengono ereditati dalla figlie e dal genero violinista.<br />

Quando anche il genero muore, i suoi figli vendono il Messiah agli Hill, i più<br />

importanti collezionisti inglesi. È il 1890, il prezzo è stabilito in 2 mila sterline: la<br />

somma più alta mai pagata per un violino.<br />

Gli Hill, finalmente, permettono ai migliori violinisti di suonarlo. Questa è la<br />

testimonianza di Joseph Joachim, l'interprete prediletto da Brahms: «Il suono del<br />

Messiah è unico, e ritorna sempre alla mia memoria, con la sua combinazione di<br />

dolcezza e “grandeur”, che mi impressionò così tanto. È giustamente celebrato e<br />

spero un giorno di poter di nuovo toccare con il mio archetto le sue corde».<br />

Non accadrà più. Gli Hill vendono, ricomprano, il fragile Messiah ha bisogno di<br />

urgenti interventi di restauro, ma allo scoppio della seconda guerra mondiale,<br />

mentre le bombe tedesche iniziano a devastare Londra, la preoccupazione di Alfred<br />

e Arthur Hill è, prima di tutto, quella di salvare il violino. Con gesto da grandi<br />

mecenati, decidono di portarlo lontano dal pericolo e lo donano al Museo di Oxford,<br />

dove ancora sta. Anche Salvatore Accardo ha chiesto di poterlo provare, ma la<br />

direzione dell’Ashmolean è stata inflessibile: «Probabili problemi di mantenimento<br />

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