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Post/teca<br />

Con De Martino uno dei più grandi antropologi<br />

italiani<br />

MARIO BAUDINO<br />

Il suo libro più bello, e certo molto importante non solo per l'epoca, è stato La grande festa, uscito<br />

in prima edizione nel 1959, una enciclopedico studio sulla celebrazione del Capodanno nelle<br />

culture tradizionali e arcaiche di tutto il mondo. Vittorio Lanternari cercava di dare all'etnologia<br />

(ancora preferiva questo termine a quello di antropologia, per definire il suo lavoro) una fondazione<br />

marxista, mettendo in relazione riti, dei, danze e sacrifici con i rapporti economici e sociali. Poco<br />

più giovane di Ernesto De Martino, è stato uno dei padri dell'antropologia italiana. E' morto a<br />

Roma, ultranovantenne (era nato nel 1918) dove abitava e dove aveva a lungo insegnato<br />

all'Università «La Sapienza».<br />

Lascia un'eredità, come dice il professor Francesco Remotti dell'Università di Torino, che andrebbe<br />

riconsiderata con grande attenzione. Lantenari non è certo un nome dimenticato - ancora negli<br />

ultimi anni si era occupato con vigore del problema ecologico e del rapporto uomo-pianeta - ma la<br />

sua disciplina è molto cambiata. Lui ebbe esperienze sul campo in Africa, ma sostanzialmente era<br />

uno studioso che amava restare nella sua biblioteca, dotato di un'enorme capacità di studio e di<br />

sintesi, in grado di scrivere capolavori «a tavolino». Negli anni ha spostato i suoi interessi in varie<br />

direzioni: importante lo studio sugli effetti della colonizzazione (Movimenti religiosi di libertà e<br />

salvezzara) e l'emergere nella crisi delle società extraeuropee di fenomeni di millenarismo.<br />

Oggi l'antropologia si dedica con grande raffinatezza di strumenti soprattutto allo studio della<br />

contemporaneità, della vita sociale e simbolica d'ogni giorno, nelle nostre città o nei paesi, dalle<br />

leggende metropolitane all'uso dei tatuaggi nei gruppi giovanili, dai problemi dell'immigrazione a<br />

quelli dei consumi. Quando Lanternari era nel pieno della sua attività l'antropologia urbana non<br />

esisteva.<br />

Ma, aggiunge un maestro riconosciuto come Remotti, sarebbe forse tempo, se non proprio di<br />

tornare al suo esempio, di riflettere sulla domanda che la sua lunga vita di studioso ci pone:<br />

buttarsi sulla contemporaneità lasciando alle spalle gli studi dell'etnologia classica, quell'enorme<br />

magazzino di sapere accumulato in un secolo, è davvero la scelta giusta? La contemporaneità, si<br />

sa, è piena di trappole. E dopo un attimo è già cambiata.<br />

fonte: http://www3.lastampa.it/cultura/sezioni/articolo/lstp/294592/<br />

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12/08/2010 - L'INIZIATIVA EDITORIALE<br />

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