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Post/teca<br />

soltanto loro. Quindici come cinque anni fa". Quanti piccoli uomini, senza trasformarsi in eroi<br />

hanno ritrovato questa grandezza che li rendeva capaci di resistere nelle condizioni più terribili e di<br />

vivere, non a dispetto di quelle condizioni, ma in quelle condizioni, non dimenticando il dolore o<br />

censurandolo ma portandone il peso, come testimonianza del fatto che l'uomo è più forte della<br />

morte proprio perché Dio lo lega alle stelle e all'infinito: creato a immagine dell'infinito, l'uomo non<br />

può più essere schiavo di nulla di finito.<br />

A questo punto il tragitto di Sgovio si compie e ci lascia il suo ultimo dono: quest'uomo, che con la<br />

fede ha ritrovato se stesso, ritrova anche la realtà, non ha più bisogno di sognare mondi migliori<br />

che non esistono, che gli danno l'illusione di una beatitudine futura e gli impediscono così di<br />

cercare una felicità e una vita più autentica: "Durante il controllo non mi aspettavo più di essere<br />

chiamato all'ufficio della direzione del campo per sentirmi dire che era stato tutto un errore e che<br />

ero libero. E in questo senso mi sentivo davvero libero! La mia conversione era completa. Non ero<br />

più un ateo! Non ero più un comunista!".<br />

Non era più un comunista, ma aveva trovato una dimensione che lo faceva e lo fa andare al di là di<br />

ogni limite; aveva trovato quella dimensione dell'infinito dell'uomo che rende questo piccolo italiano<br />

e il suo piccolo libro una compagnia nella quale vale la pena di stare per un po' di tempo, il tempo<br />

di una lettura che non ci dà l'illusione di una grandezza e di una perfezione che non abbiamo.<br />

Detto per inciso, un altro dei motivi che tenevano Sgovio lontano da un certo radicalismo<br />

ideologico era appunto la pretesa di perfezione di quest'ultimo; tant'è che di un attivista da tutti<br />

ammirato, il giovane Sgovio pensava invece: "lo ritenni disumano. Come avrebbe mai potuto<br />

essere umano se non aveva vizi?". Ma, liberandoci da illusioni e sogni, Sgovio ci libera anche dallo<br />

scetticismo e, con la sua scoperta della fede, ci fa condividere l'esperienza di una possibile<br />

rinascita, di una rinascita continuamente possibile.<br />

(©L'Osservatore Romano - 22 agosto 2010)<br />

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Dall’intervista-sfogo a Giuseppe Battiston su Repubblica:<br />

«Il cinema italiano, mi chiedi. Bè, è una merda, ma questo è sotto gli occhi di tutti. Un film<br />

basta guardare come inizia per capire che non funziona. In Italia [estrae un foglio dalla<br />

tasca, ndr], dati alla mano, l’82% dei film degli ultimi cinque anni comincia con un cellullare<br />

che squilla o una sveglia che suona, poi si accendono le luci e a letto c’è una coppia, e tu<br />

sai già che quella coppia è in crisi, lo vedi dalle facce, dall’arredamento della casa. Il 25%<br />

di questi film prevede l’invio di almeno 8 SMS, il 55% sta tra i 3 e i 7 SMS, il 20% restante<br />

sta sotto i 3. Un’altra statistica interessante è il minutaggio delle copulazioni: il 64% dei film<br />

presenta almeno una sequenza di due minuti di sesso continuativo, si vedono tette e fiche<br />

ma non si vedono cazzi. Non l’ho mai capita sta cosa dei cazzi che non si vedono.<br />

Perché? Sai quanti cazzi in camera conta il cinema italiano? [estrae un piccolo quadernino<br />

dalla tasa della giacca, ndr] Quattro. Quattro cazzi in ottant’anni di storia del cinema. Una<br />

vergogna. Ma la statistica più interessante è questa: la presenza di Battiston, che poi sarei<br />

io, nel cinema italiano degli ultimi anni. Contando le parti da protagonista, da<br />

coprotagonista e da personaggio secondario il 67% del cinema che sforna questo paese di<br />

merda conta me nel cast. Ses-san-ta-set-te-per-cen-to! E sai perché? Perché sono bravo?<br />

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