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Post/teca<br />

del desiderio, di un desiderio che non vuole lasciarsi infilzare dalle dispotiche<br />

lancette del tempo della produzione o del tempo della morale: la mia voglia di<br />

amare quel ragazzo che amo, gridando al mondo intero che non è più “tempo” di<br />

amare nella vergogna, nella colpa, nel silenzio, nella paura, nella clandestinità,<br />

nella violenza, o di amare soltanto nella tremenda fretta di un incontro senza storia.<br />

L’etica e l’estetica del cespuglio, della lampo (lampo che ti folgora di caducità):<br />

anche lì tra quelle umanissime e ombrose fratte metropolitane il tempo troppo<br />

spesso è altro da te, È un tempo brutale.<br />

Ecco, io, sulla mia pelle, avverto l’urgenza, la voglia disperata di un tempo gentile.<br />

Ma non è questo, forse, il segno forte che ha connotato l’esistenza, la quotidianità,<br />

dei movimenti di massa in Italia e anche altrove?<br />

Il movimento delle donne non ha forse spaccato gli orologi di un dominio secolare,<br />

non è il tempo maschile e maschilista ciò di cui in realtà si è discusso anche nel<br />

dibattito alla Camera sulla violenza sessuale? Il tempo gerarchico, alienante,<br />

parcellizzato, virile, perbene fino alla nausea, produttivistico, diplomatico: ecco il<br />

nemico della donna, del giovane, del pacifista, dell’ecologista, dell’omosessuale,<br />

del comunista. Riempire, colmare il tempo di chances di vita, convertire, pervertire il<br />

tempo ai ritmi dei nostri corpo, dei nostri bisogni, dei nostri desideri. Non è questo il<br />

bisogno di comunismo che ci spinge a militare, a lottare, a sognare?<br />

Con questa chiave, compagni, ho letto le tesi del nostro congresso e ho ascoltato la<br />

lunga ma bella relazione del compagno Fumagalli: ci sono singoli punti sui quali è<br />

necessario discutere, dissentire, ma io mi sento di condividere appieno il taglio sia<br />

delle tesi che della relazione. Questo perché avverto dentro quello sforzo<br />

oggettivamente difficile di elaborazione, una grande intuizione, e cioé il<br />

rovesciamento di una lettura politicistica della realtà, la rottura di un’idea<br />

pedagogica del nostro ruolo, un’adesione più spregiudicata, più libera, più rischiosa<br />

ma anche più bella, al movimento delle cose.<br />

A me pare di poter parlare di un capovolgimento del giacobinismo della politica,<br />

quel giacobinismo che ci prefigurava scenari obbligati e percorsi necessari ora in<br />

nome di una concretezza tutta liberale ora in nome di un progettualismo tutto rinvii<br />

e consolatorie proiezioni verso un domani che non diventa mai oggi.<br />

La cultura del fare, dell’immediatezza, sono tutt’altro dal pragmatismo, dallo<br />

svilimento delle idealità, dal mero appiattimento al dato empirico: sono invece la<br />

palpabilità, la visibilità, la quotidianità di un progetto di trasformazione dell’esistente.<br />

Stare “dentro” l’universo frammentato dei giovani, stare dentro ciascun frammento,<br />

lì costruire sintesi sia pure parziali, lì costruire analisi e fare battaglie, lì, tra le<br />

pieghe e le piaghe del mondo vero, imparare a legare il piccolo al grande, il<br />

particolare al generale.<br />

Ecco, la politica come sperimentazione generosa, e contro il cinismo di chi<br />

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