Volume 1 - Comune di Uggiate-Trevano

L’ambiente naturale e le ere geologiche più remote
Difficilmente ci si sofferma ad osservare il paesaggio da cui si è
circondati, cercando di capire come mai sia modellato in un certo modo.
Appare così e basta. Si è tentati di credere che sia sempre stato uguale.
Eppure, anche il volto del territorio, come quello di una persona, muta
con l’età; talora, anzi, viene sfigurato da ferite; e le cicatrici restano per
sempre. Ma le ferite del territorio, qualche volta, sono anche quelle che
ne hanno consentito l’abbellimento da parte della natura, che col tempo
(un tempo che può durare milioni di anni) sa anche rimediare in modo
egregio agli sfregi del suo volto.
È l’uomo che non sempre ripara i guasti da lui causati: si pensi agli
sventramenti delle balze collinari per cavare sabbia, che si sono fatti
negli ultimi decenni. Le ferite per lo più sono rimaste aperte; e soprattutto
si sono ridotte le riserve idriche, che alimentavano ruscelli e rogge,
giacché le falde sabbiose trattenevano e filtravano l’acqua piovana, che
poi rilasciavano a poco a poco dalla bocca delle sorgenti.
Cerchiamo di ricostruire, in breve, l’evoluzione del nostro ambiente
naturale, immaginando un viaggio fantascientifico, che ci riporta indietro
nei secoli dei secoli.
Chiudiamo gli occhi e lasciamoci ipnotizzare. Partiamo. Ecco, siamo
già risaliti a 40 milioni di anni fa. Se ci guardiamo intorno non si vedono
montagne, ma solo una distesa di mare. Che anno può essere? Non si
usano ancora i calendari. I geologi nostri accompagnatori dicono che
siamo nel periodo dell’Oligocene, che dura millenni, seguito dal Miocene
(26 milioni di anni fa).