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Volume 1 - Comune di Uggiate-Trevano

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UGGIATE TREVANO UNA COMUNITÀ E LA SUA PIEVE<br />

Azzone, che assume il potere nel 1329. Egli dà conferma della buona<br />

riuscita dell’innesto estense sull’albero genealogico visconteo,<br />

<strong>di</strong>mostrando aristocratiche qualità <strong>di</strong> comando.<br />

A Milano arrivano a lavorare per lui anche artisti famosi, come lo<br />

scultore Giovanni Balducci, chiamato da Pisa a scolpire l’arca <strong>di</strong> san<br />

Pietro Martire in Sant’Eustorgio (un domenicano, inquisitore a Como,<br />

ucciso il 29 gennaio 1252 a Barlassina mentre si recava a Milano); o<br />

ad<strong>di</strong>rittura il pittore Giotto, inviatogli dal <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> Firenze, che influirà<br />

sulla cultura pittorica lombarda. Qualche decennio più tar<strong>di</strong> (nel 1346)<br />

sarà un pittore della pieve <strong>di</strong> <strong>Uggiate</strong>, Giovanni da Caversaccio, detto da<br />

Milano, a recarsi a Firenze, dove affinerà la sua arte e lascerà i suoi<br />

capolavori. 2<br />

Sotto il governo <strong>di</strong> Azzone cambiano i costumi, si affina la moda, si<br />

<strong>di</strong>ffonde il gusto per le gran<strong>di</strong> feste e le sacre rappresentazioni. Ma<br />

soprattutto si riformano le leggi, che regolano la vita civile ed economica<br />

dello stato. Così avviene pure per gli Statuti <strong>di</strong> Como, come già ricordato.<br />

Quando Azzone muore (1339), appena trentottenne e senza figli, la signoria<br />

passa a Luchino (1339-1349), figlio <strong>di</strong> Matteo, perciò zio del defunto<br />

signore. Gli potrebbe fare ombra il fratello maggiore, Giovanni; ma<br />

questo, per il momento, preferisce la carriera ecclesiastica, e dal 1342<br />

sarà appunto lui a prendere il governo della <strong>di</strong>ocesi milanese, come arcivescovo:<br />

un posto che – dati i tempi – ben vale quello <strong>di</strong> un principe.<br />

La politica <strong>di</strong> Luchino conferma, per alcuni aspetti, quella <strong>di</strong> Azzone:<br />

esonera dal servizio militare i plebei, che possono così de<strong>di</strong>carsi al lavoro;<br />

favorisce lo sviluppo dei commerci, dell’agricoltura (con le<br />

«marcite», me<strong>di</strong>ante la rete <strong>di</strong> canali irrigatori), dell’attività tessile, della<br />

produzione e ven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> armi. Riesce anche ad allargare il dominio, sottomettendo<br />

nuove città (Parma, Asti, Alessandria...), e resiste all’opposizione<br />

dei nobili milanesi, che fanno perno sulla famiglia Pusterla (<strong>di</strong> cui<br />

troveremo qualche <strong>di</strong>scendente, duecento anni dopo, a <strong>Trevano</strong>).<br />

L’arcivescovo Giovanni succede al fratello nel 1354, dopo che ha assunto<br />

anche la signoria <strong>di</strong> Bologna (1350) e quella <strong>di</strong> Genova (1353): alla<br />

de<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> quest’ultima città assiste il poeta Francesco Petrarca, che<br />

rimarrà a soggiornare in quel <strong>di</strong> Milano fino al 1361.<br />

Bernabò, Galeazzo II e Matteo II, nipoti dell’arcivescovo in quanto<br />

figli del <strong>di</strong> lui fratello Stefano e <strong>di</strong> Valentina Doria, ne sono i successori<br />

nel dominio. Matteo II muore quasi subito (1355), e restano a <strong>di</strong>vidersi lo

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