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Volume 1 - Comune di Uggiate-Trevano

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UGGIATE PIEVE DI CONFINE OASI DI BANDITI 439<br />

Ecco una ricostruzione desunta dai tasselli forniti dai documenti, che<br />

si trascrivono in appen<strong>di</strong>ce. Venuto il giorno della riscossione delle<br />

doppie, che Paolo Francesco Chiesa con suo fratello deve versare a<br />

messer Cesare Fontana, si fa sapere al ban<strong>di</strong>to che la somma è stata<br />

depositata in casa <strong>di</strong> Francesco Porro a Brusata: basta passare a farsela<br />

dare, il Porro è già d’accordo. Cesarino non vuol certo rinunciarvi. Ma la<br />

prudenza e forse un brutto presentimento gli suggerisce che è meglio non<br />

andare a bussare a quella porta: non c’è da fidarsi a passare tra le stra<strong>di</strong>ne<br />

<strong>di</strong> Brusata strette fra le case, dove qualcuno potrebbe avere rancori da<br />

scaricargli nella schiena con l’archibugio, come lui sa bene da una vita.<br />

Meglio girare alla larga e trovare il modo <strong>di</strong> farsele portare dove vuole lui<br />

le doppie; perché no? Al solito posto (forse a Somazzo, sotto quella prea<br />

sul recinto della cappella <strong>di</strong> San Cassiano, che copre la buca dove si<br />

mettevano le offerte).<br />

È una bella giornata <strong>di</strong> un gennaio senza neve, si porta gironzolando<br />

nei <strong>di</strong>ntorni <strong>di</strong> Brusata a stu<strong>di</strong>are la situazione; anzi sale su sopra il<br />

Gaggio dove si sentono colpi <strong>di</strong> roncola e fruscii <strong>di</strong> ramoscelli trascinati<br />

tra le foglie secche: c’è qualcuno che sta rimondando una siepe. È un<br />

giovanotto della Cà, lì fuori Brusata, dove abitavano i Fontana del Cioso;<br />

si chiama Francesco Gessago, uno dei figlioli <strong>di</strong> Pietro.<br />

«Uhei giovine, pren<strong>di</strong> un po’ ’sta lettera e portala giò a messer Pier<br />

Franco Porro, e <strong>di</strong>’ che te l’ha data messer Cesarino».<br />

«Io son qua a far sciesa, non ho tempo e non ho voglia d’andar giò. Di<br />

lettere al signor Franco non ne porto. Perché non ci andate voi stesso?»<br />

«Lo ve<strong>di</strong> questo scioppo? Va’ che ’l Cesarino non gioca. Se non mi<br />

obe<strong>di</strong>sci te lo sparo nelle busecche».<br />

Dovette essere più o meno questo lo scambio <strong>di</strong> parole tra il ban<strong>di</strong>to e<br />

il giovane Francesco, che non poté fare a meno <strong>di</strong> appendere il folcino<br />

nel gancio attaccato alla cintola, prendere la lettera e saltar giù per il<br />

sentiero verso Brusata con le gambe un po’ tremanti e la paura <strong>di</strong> sentire<br />

il rimbombo <strong>di</strong> qualche colpo alle sue spalle. Andò a bussare alla porta <strong>di</strong><br />

messer Porro. Si presentò ad aprire un servitore, cui <strong>di</strong>ede la lettera per il<br />

padrone, che venne lì subito a riceverla. Anzi la lesse imme<strong>di</strong>atamente.<br />

Francesco accennò a salutare per svignarsela al più presto; ma il signor<br />

Porro lo bloccò: «Fermati perché Cesarino me scrive <strong>di</strong> mandarli cinque<br />

huomini, che li farò venir con te, et tu li condurrai dove è detto<br />

Cesarino».

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