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Alma Mater Studiorum – Università di Bologna - Cestim

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esperienza ai Sokos. Anche in questo caso avrei approfon<strong>di</strong>to e ampliato i termini della<br />

questione in sede <strong>di</strong> intervista.<br />

Rassicurare assolutamente la persona con cui si stava parlando che non ci sarebbero stati<br />

pericoli per lei nel parlare con me. Es. denunce alla polizia, <strong>di</strong>vulgazione <strong>di</strong> dati personali ad<br />

altri ecc. (successivamente sarei stato io a chiedere il permesso <strong>di</strong> registrare la conversazione e a<br />

spiegare come sarebbe stata utilizzata).<br />

Dire che il colloquio sarebbe stato breve “una mezz’oretta” e si sarebbe svolto durante il<br />

tempo <strong>di</strong> attesa della visita. Il paziente non avrebbe dovuto perdere ulteriore tempo.<br />

Rassicurare il paziente che per nessun motivo avrebbe perduto il proprio turno per la visita<br />

me<strong>di</strong>ca. A questo proposito per chi si fosse voluto far intervistare il personale della segreteria<br />

avrebbe provveduto ad inserire nella cartella del paziente (successivamente data al me<strong>di</strong>co) un<br />

post-it giallo(o un altro tipo <strong>di</strong> foglio ben visibile) con scritto sopra “intervista”. Il me<strong>di</strong>co nel<br />

visionare la cartella del paziente avrebbe saputo che egli si trovava nella stanzina con me nel<br />

caso non avesse risposto subito alla chiamata e quin<strong>di</strong> lo avrebbe potuto trovare lì senza che<br />

questi perdesse il suo turno.<br />

Inoltre ai me<strong>di</strong>ci era richiesto <strong>di</strong> invitare il paziente a proseguire l’intervista nel caso questa<br />

fosse stata interrotta dalla visita. Questa richiesta andava formulata ovviamente tenendo<br />

conto dello stato <strong>di</strong> salute del paziente e del tempo <strong>di</strong> attesa che già aveva trascorso.<br />

Ho ritenuto tutti questi piccoli accorgimenti in<strong>di</strong>spensabili in una situazione particolarmente<br />

delicata nella quale un migrante irregolare, afflitto da un qualche tipo <strong>di</strong> problema <strong>di</strong> salute si<br />

recava in una struttura sanitaria, magari per la prima volta, per farsi curare.<br />

Tale procedura aveva nei miei intenti una serie precisa <strong>di</strong> obiettivi: quello <strong>di</strong> apparire agli occhi dei<br />

migranti come una persona fidata, <strong>di</strong> legittimare la mia intrusione nelle loro vite in quanto<br />

“collaboratore” <strong>di</strong> Sokos ottenendo <strong>di</strong> conseguenza maggiore propensione al <strong>di</strong>alogo in un clima<br />

sereno e tranquillo. Era molto importante poi, che i migranti intervistati non si sentissero in ansia<br />

per paura <strong>di</strong> perdere il proprio turno <strong>di</strong> visita: da qui l’attenzione de<strong>di</strong>cata alla “tecnica del foglietto<br />

giallo”.<br />

E’ bene ricordare che prima <strong>di</strong> iniziare con le domande <strong>di</strong>rette, ho sempre riba<strong>di</strong>to ciascuno dei<br />

punti che interamente o parzialmente erano stati riferiti dal personale <strong>di</strong> segreteria. Ciò non solo con<br />

il proposito <strong>di</strong> rendere chiara e priva <strong>di</strong> equivoci la relazione <strong>di</strong> intervista ma anche <strong>di</strong> formare una<br />

sorta <strong>di</strong> “spazio interme<strong>di</strong>o <strong>di</strong> conoscenza” utile a generare un momento iniziale <strong>di</strong> conoscenza,<br />

piuttosto che questo si spostasse nella prima parte dell’intervista. In queste prime battute inoltre, ho<br />

potuto verificare che il migrante fosse effettivamente <strong>di</strong>sponibile a farsi intervistare e che tale<br />

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