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Alma Mater Studiorum – Università di Bologna - Cestim

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“Solo un problema. All’ospedale Maggiore, quando io sono andata a fare l’analisi al pronto soccorso e<br />

l’infermiera ha guardato il tesserino, ha detto “Tu, l’ultima!”. Questo è stato il problema.” [M6]<br />

“Sono andato all’Ospedale maggiore, ma mi hanno trattato come un cane. Non mi sono trovato bene, per<br />

come si sono comportati. Io ho detto “Mi è successo giocando a pallone”. Nemmeno io sapevo <strong>di</strong>re come<br />

mi era successo, però non gli potevo <strong>di</strong>re neanche che mi era successo al lavoro perché non mi copre<br />

nessuno. Comunque mi ha preparato il foglio, mi ha detto <strong>di</strong> aspettare che mi chiamavano. (...) mi hanno<br />

fatto una visita veloce senza farmi altri esami, per esempio le lastre. Mi avevano dato delle me<strong>di</strong>cine, ma<br />

io non le ho prese neanche, mi sono incazzato e non le ho prese. Non le ho prese perché non vedevo la<br />

cosa chiaramente. Perché le lastre si possono fare anche se non hai i documenti. Ma scusa, se io avevo<br />

problemi alla testa mi facevano morire perché non avevo i documenti? Non mi sembra un comportamento<br />

giusto.” [M14]<br />

“Io ero in centro a Ferrara in bicicletta, ho attraversato il semaforo con il giallo ero <strong>di</strong> fretta perché avevo<br />

due anziani da seguire, uno era in ospedale e dovevo dar da mangiare alla stessa ora a tutti e due. Quin<strong>di</strong><br />

andavo veloce. Dal semaforo è uscita una macchina che non mi ha visto e non ho visto neanche io. E mi<br />

ha tamponato con la macchina. Io sono volata in aria e ho sbattuto la testa. Allora, quando sono arrivati<br />

carabinieri e polizia.. io non ero in regola…per fortuna mi hanno lasciato andare i carabinieri. Mi hanno<br />

portato in ospedale e la polizia per sette ore mi faceva domande. Io svenivo e loro mi facevano le<br />

domande, parlavo ancora male italiano…quin<strong>di</strong> mi hanno lasciato andare perché hanno visto che…però<br />

mi hanno detto <strong>di</strong> firmare perché era colpa mia sennò mi mandavano al mio paese. Quin<strong>di</strong> è arrivato il<br />

capo e mi ha detto “Adesso tu firmi questo foglio, altrimenti ti man<strong>di</strong>amo via.” Io ho firmato che era<br />

colpa mia, ma non era colpa mia. Poi in ospedale, in pronto soccorso, c’erano le infermiere, quando io<br />

volevo metter del ghiaccio sulla testa, mi <strong>di</strong>cevano “Avete rotto il cazzo, voi stranieri”. Quin<strong>di</strong> io sono<br />

stata lì un giorno intero, senza mettere il ghiaccio e senza fare niente. Nessuno mi ha aiutato.” [M7]<br />

Non è questa la sede per denunciare comportamenti non professionali e ad<strong>di</strong>rittura ai limiti del<br />

razzismo che traspaiono dalla descrizione dell'operato <strong>di</strong> questi me<strong>di</strong>ci. 287 Ci limitiamo qui a far<br />

notare come questi racconti riportino situazioni specularmente opposte a quelle contenute nelle<br />

interviste precedenti. In tutti i casi sopra descritti gli stessi migranti percepiscono nettamente una<br />

<strong>di</strong>fferenza sia nel trattamento sanitario che gli è stato riservato, sia nelle relazioni con gli operatori<br />

del pronto soccorso. Nel primo caso la migrante si vede declassata nell'or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> visita non in virtù<br />

287 Il nostro compito non è quello <strong>di</strong> investigare sulla veri<strong>di</strong>cità delle informazioni fornite dai nostri intervistati, ma<br />

solo quello <strong>di</strong> interpretarne le rappresentazioni e i significati che essi intendono attribuirgli attraverso ciò che<br />

narrano. D'altra parte abbiamo ragione <strong>di</strong> credere che, al <strong>di</strong> là dell'enfasi che può caratterizzare questi racconti, un<br />

migrante irregolare non abbia delle motivazioni così forti da spingerlo a falsificare totalmente il suo racconto<br />

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