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Alma Mater Studiorum – Università di Bologna - Cestim

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con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> irregolarità, la lontananza da casa e la nostalgia per gli affetti familiari. Quest'ultimo<br />

aspetto viene sentito particolarmente dalle donne migranti, spesso madri che vivono la lontananza<br />

dai figli tra gran<strong>di</strong> sensi <strong>di</strong> colpa perché sentono <strong>di</strong> venir meno al loro ruolo materno.<br />

Il lavoro rappresenta l'altra importante fonte <strong>di</strong> malattia; in più si lega profondamente ad essa per<br />

almeno tre motivi. Prima <strong>di</strong> tutto la gravosità delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> lavoro a cui donne e uomini<br />

migranti devono sottostare, amplificata dalla mancanza <strong>di</strong> qualsiasi tutela giuri<strong>di</strong>ca derivante dalla<br />

loro con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> irregolarità, li pre<strong>di</strong>spone al rischio continuo <strong>di</strong> ammalarsi. Questo fenomeno<br />

risulta particolarmente sentito dalle donne migranti, poiché esse sono impiegate nel lavoro<br />

domestico <strong>di</strong> cura ad alta intensità emotiva, specialmente quello svolto in coabitazione, che genera<br />

un forte stress oltre a <strong>di</strong>versi problemi <strong>di</strong> salute a livello fisico.<br />

Inoltre, se il lavoro genera la malattia, ne è allo stesso tempo messo in crisi, cosa che comporta il<br />

rischio concreto <strong>di</strong> fallimento del progetto migratorio. Questo rischio, in una relazione circolare, a<br />

sua volta alimenta le ansie, gli stati depressivi e lo stress che rendono più <strong>di</strong>fficoltosa la guarigione.<br />

Infine il bisogno <strong>di</strong> lavorare, in assenza <strong>di</strong> una minima protezione sociale, mina anche la possibilità<br />

<strong>di</strong> curarsi adeguatamente, motivo per cui il migrante si vede spesso costretto a convivere con la<br />

propria malattia piuttosto che affrontarla adeguatamente.<br />

Per tentare <strong>di</strong> rompere questo intreccio i migranti mettono in campo quelle che abbiamo definito<br />

“strategie <strong>di</strong> riappropriazione della salute”. Esse sono sostanzialmente due. La prima è la pratica<br />

dell'autocura basata sull'assunzione <strong>di</strong> rime<strong>di</strong> erboristici, che <strong>di</strong> frequente i migranti si fanno spe<strong>di</strong>re<br />

dai propri paesi <strong>di</strong> origine. La seconda consiste nell'attivazione delle conoscenze con gli autoctoni<br />

per ottenere un accesso facilitato ai servizi sanitari, in modo da pervenire quanto più semplicemente<br />

e velocemente possibile alla risoluzione del proprio problema <strong>di</strong> salute.<br />

Quest'ultima considerazione ci introduce al tema del rapporto che i migranti intrattengono con i<br />

servizi sanitari. Nella ricerca abbiamo focalizzato la nostra attenzione sul presi<strong>di</strong>o del Pronto<br />

Soccorso, in quanto l'unico a cui i migranti irregolari possono accedere, anche se sprovvisti <strong>di</strong><br />

apposito tesserino sanitario (STP).<br />

Dalla nostra analisi emerge che i migranti si relazionano con le strutture <strong>di</strong> Pronto Soccorso in<br />

maniera fortemente conflittuale. Il conflitto non nasce tanto da eventuali <strong>di</strong>sservizi patiti dai<br />

pazienti stranieri, quanto invece da un atteggiamento <strong>di</strong> forte <strong>di</strong>ffidenza che gli operatori sanitari<br />

mantengono nei loro riguar<strong>di</strong>. Tale <strong>di</strong>ffidenza trova giustificazione nello stereotipo del migrante<br />

irregolare che lo <strong>di</strong>pinge come una persona che mente, anche rispetto al proprio stato <strong>di</strong> malattia<br />

(mal valutato o ad<strong>di</strong>rittura esagerato), che sottrae impropriamente risorse pubbliche o, alla meglio,<br />

che usufruisce dei servizi sanitari in maniera inappropriata. Perciò il bisogno <strong>di</strong> cura del migrante<br />

irregolare non viene assunto <strong>di</strong>rettamente in quanto tale ma deve essere certificato da parte<br />

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