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Alma Mater Studiorum – Università di Bologna - Cestim

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ho detto “Un anno e qualcosa” e ha detto “Tu non sei tranquillo, il tuo cervello ha molto stress,<br />

l’importante è che tu ti riposi”. Ma io ho risposto “Non sono tranquillo, perché una volta non dormo,<br />

un’altra volta non c’è lavoro” lui ha detto “L’importante è che ti riposi” . Poi mi ha provato la pressione<br />

che è molto alta, per questo mi ha chiesto “Cosa fai, per quanto tempo, che lavoro faccio…” “Una volta<br />

sono venuto qui con il male alla schiena e mi ha detto “Che lavoro fai?” “Io faccio facchinaggio, lavoro<br />

con dei pacchi pesanti”. Mi ha chiesto perché mi faceva mala la schiena e io gli ho dato la risposta.” [M1]<br />

“Sì, glielo ho spiegato, gli <strong>di</strong>cevo le cose che mi sembrano normali per esempio “ non trovo lavoro”, ma<br />

questa cosa qua per me è normale, perché non succede solo ad uno straniero, succede anche ad un italiano<br />

<strong>di</strong> non trovare lavoro. E quin<strong>di</strong> io pensavo che questa cosa è normale. Invece il me<strong>di</strong>co… “No, non è<br />

così” mi ha detto. “Certo è una cosa che succede, però è una cosa che ti dà dei <strong>di</strong>sturbi perché alcune<br />

persone la percepiscono in mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi, magari un italiano ha la famiglia…certo magari dà fasti<strong>di</strong>o, non<br />

si sente bene, ha dei problemi, però tu essendo per esempio che vivi da sola, questo ti dà un <strong>di</strong>sturbo<br />

fisico perché lo percepisci in modo più importante insomma, gli dai più importanza”.[M8]<br />

Ciascuno dei migranti intervistati evidenzia molto bene l'importanza della creazione <strong>di</strong> uno spazio<br />

narrativo e dei vantaggi che questo gli procura in termini <strong>di</strong> una risoluzione positiva della sua<br />

relazione con il me<strong>di</strong>co e il più delle volte anche del suo stato <strong>di</strong> malattia.<br />

Lo spazio narrativo che il me<strong>di</strong>co <strong>di</strong> Sokos mette a <strong>di</strong>sposizione del migrante è <strong>di</strong> estrema utilità<br />

prima <strong>di</strong> tutto sotto il profilo terapeutico. La narrazione infatti non ha solo lo scopo <strong>di</strong> descrivere la<br />

sofferenza, ma anche <strong>di</strong> raffigurarne le origini, rappresentando in tal modo una soluzione alla<br />

situazione <strong>di</strong> crisi in cui si trova il paziente. E' nella narrazione che si situa anche il processo <strong>di</strong><br />

simbolizzazione, uno degli obiettivi centrali nel processo <strong>di</strong> guarigione, che consiste nel trovare<br />

un'immagine attraverso cui possa prendere forma la narrazione. Il processo narrativo <strong>di</strong>venta<br />

importante alla luce <strong>di</strong> una concezione della malattia che la considera non solo come un<br />

avvenimento che interessa il corpo, ma che si situa anche nel tempo, in un luogo, nella biografia<br />

in<strong>di</strong>viduale, nel contesto dell'esperienza vissuta e nel mondo sociale. E' per questo che “le<br />

narrazioni sono centrali per capire l'esperienza della malattia e per collocare il dolore in relazione<br />

ad altri eventi ed esperienze esistenziali” 330<br />

Inoltre, nello spazio narrativo messo a <strong>di</strong>sposizione del migrante, il me<strong>di</strong>co si mette in una<br />

posizione <strong>di</strong> ascolto e cerca <strong>di</strong> capire il linguaggio della sofferenza e del dolore del paziente<br />

interpretandone da osservatore privilegiato i sintomi, ovviamente secondo il proprio schema<br />

interpretativo basato sugli assunti biome<strong>di</strong>ci. 331 Tuttavia la propensione all'ascolto da parte del<br />

330 Good B. J., Narrare la malattia. Lo sguardo antropologico sul rapporto me<strong>di</strong>co-paziente, Torino, E<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

Comunità, 1999 p. 204.<br />

331 Cozzi D., Nigris D., Gesti <strong>di</strong> cura. cit. p. 204<br />

199

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