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Alma Mater Studiorum – Università di Bologna - Cestim

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lavorative e l'insorgenza <strong>di</strong> problemi <strong>di</strong> salute. Alla migrazione da lavoro infatti, si accompagna il<br />

più delle volte una mobilità sociale <strong>di</strong>scendente che sostituisce il proprio status lavorativo posseduto<br />

nel paese <strong>di</strong> origine con un altro nettamente inferiore, fatto che il più delle volte comporta lo<br />

svolgimento <strong>di</strong> mansioni gravose a cui non si era abituati e che influiscono negativamente sulla<br />

salute del proprio corpo.<br />

“Infatti quando vengono qua ti <strong>di</strong>cono proprio “Sto male, sono malato grave, ho la paura <strong>di</strong> morire” è<br />

proprio per la paura <strong>di</strong> morire per uno straniero non avendo documenti, non avendo niente <strong>di</strong>ce “Io<br />

muoio, in un paese straniero e nessuno saprà dove abito, nessuno informerà i miei familiari” (...) poi<br />

guarda, qui c’è da mettere in considerazione un altro fatto. Considera che c’è un’alta scolarità tra loro per<br />

cui loro erano abituati a fare certi tipi <strong>di</strong> lavoro per cui facendo un certo tipo <strong>di</strong> lavoro certi tipi <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbi<br />

non gli venivano fuori. Il <strong>di</strong>scorso è che, venendo qua, chiaramente, quella che faceva il me<strong>di</strong>co e si<br />

ritrova a fare la badante e deve sollevare un allettato 50 mila volte al giorno, è chiaro che i problemi<br />

articolari saltano fuori. E quin<strong>di</strong>, forse anche questo li porta…e poi anche il cambiamento <strong>di</strong> clima,<br />

cambiamento <strong>di</strong> lavoro, cambiamento <strong>di</strong> abitu<strong>di</strong>ni e tutto, ti porta fuori delle patologia che prima <strong>di</strong> venire<br />

qua non avevi. Come se io che non ho mai fatto il muratore, vado a fare il muratore e mi piego<br />

continuamente 50 mila volte al giorno, portando su dei pesi bestiali…è chiaro che non sono abituato!”<br />

[S3]<br />

Malattia e con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> lavoro sono legati anche da un altro punto <strong>di</strong> vista che ne conferma il<br />

profondo intreccio. Se il lavoro che i migranti svolgono infatti può essere una delle cause principali<br />

<strong>di</strong> sviluppo della malattia, esso <strong>di</strong>venta anche uno degli ostacoli che si frappongono sulla strada<br />

della guarigione. Paradossalmente non è solo la malattia a minare la possibilità <strong>di</strong> lavorare e quin<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> provvedere al proprio sostentamento, ma è anche la cura della malattia stessa, nel quadro <strong>di</strong><br />

assoluta mancanza <strong>di</strong> forme <strong>di</strong> protezione sociale per i migranti irregolari, a portare con sé il rischio<br />

<strong>di</strong> perdere il lavoro poiché nel periodo <strong>di</strong> malattia si può essere facilmente rimpiazzati da altri<br />

<strong>di</strong>sposti a lavorare alle stesse con<strong>di</strong>zioni. La salute viene considerata dagli stessi migranti<br />

funzionale e necessaria al mantenimento del lavoro. In quest'ottica essa si trasforma in un mezzo<br />

strumentale e subor<strong>di</strong>nato alle esigenze del sistema produttivo. Il caso sotto descritto rimanda ad un<br />

fenomeno, già verificato in <strong>di</strong>versi stu<strong>di</strong>, per il quale i migranti, anche in caso <strong>di</strong> sovrastima della<br />

gravità dei <strong>di</strong>sturbi, proprio a causa della sensazione <strong>di</strong> precarietà in cui essi si trovano, possono non<br />

arrivare ad esternare il bisogno <strong>di</strong> salute per motivi occupazionali. 283<br />

283 Bonciani M., “La salute come <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>nanza: un approccio socio-antropologico”, in Bracci F., Cardamone<br />

G.(a cura <strong>di</strong>), Presenze. Migranti ed accesso ai servizi socio-sanitari, Milano, Franco Angeli, 2005 p. 148<br />

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