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Alma Mater Studiorum – Università di Bologna - Cestim

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compito del ricercatore è quello <strong>di</strong> fermare ad un certo punto il processo interpretativo per fornire<br />

un'interpretazione e in questo senso assumersene le critiche.<br />

Ad ogni modo una riflessività che consideri “che simboli, linguaggio e azioni si rincorrono a<br />

vicenda e che le azioni degli attori influenzano a allo stesso tempo sono influenzate dal contesto<br />

sociale all'interno del quale si realizzano” 238 implica due conseguenze. Il prima è che le pratiche<br />

riflessive permettono <strong>di</strong> interrogare <strong>di</strong> continuo la plausibilità delle rappresentazioni fornite e quin<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> valutare sino a che punto siano atten<strong>di</strong>bili i risultati dell'etnografia. La seconda è la sua capacità<br />

<strong>di</strong> far emergere la <strong>di</strong>mensione etica e politica dell'etnografia che sta nel chiedersi a chi si sta dando<br />

voce e a chi no l'intento principale dell'etnografo non è quello <strong>di</strong> fare da megafono a chi è privo <strong>di</strong><br />

voce, quanto piuttosto quello <strong>di</strong> prestare attenzione alle voci che vogliono manifestarsi. In questa<br />

ricerca appare evidente che ho posto l'attenzione sui migranti con il tentativo <strong>di</strong> restituirgli le loro<br />

specifiche particolarità, le quali in qualche modo ci illustrano le <strong>di</strong>fferenze nei loro percorsi<br />

biografici. Nella migrazione infatti emerge il carattere singolare <strong>di</strong> ogni in<strong>di</strong>viduo per il quale esso<br />

genera rapporti sociali con il mondo che lo circonda sulla base dell'unicità che egli rappresenta e<br />

che si porta <strong>di</strong>etro. Più che altri fenomeni sociali, la migrazione ci mostra come l'in<strong>di</strong>viduo, nella<br />

sua soggettività, non sia un elemento eccedente e che per questo le sue azioni non tendano<br />

unicamente alla conformità alla norme sociali ma che ad<strong>di</strong>rittura siano in grado <strong>di</strong> svelare i rapporti<br />

<strong>di</strong> potere che si celano <strong>di</strong>etro l'or<strong>di</strong>ne sociale. 239 “L'immigrato è atopos (...) né citta<strong>di</strong>no né, né<br />

straniero, né veramente dalla parte dello Stesso, né totalmente dalla parte dell'Altro, l' “immigrato”<br />

si colloca in quel luogo “bastardo” <strong>di</strong> cui parla anche Platone, al confine tra l'essere e il non essere<br />

sociale. Fuori posto, nel senso <strong>di</strong> sconveniente e inopportuno, suscita imbarazzo.” 240 E' per questo<br />

motivo che i migranti, con il loro portato <strong>di</strong> specificità e la loro volontà <strong>di</strong> uscire dall'or<strong>di</strong>ne nativo,<br />

rendono palese nelle società <strong>di</strong> cui fanno esperienza il processo <strong>di</strong> <strong>di</strong>suguaglianza sociale e i<br />

meccanismi che lo nascondono <strong>di</strong>etro la costruzione <strong>di</strong> figure <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui astratti, formalmente<br />

destinatari <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti piena citta<strong>di</strong>nanza.<br />

Necessariamente, quin<strong>di</strong>, chi ha condotto questa ricerca ha operato una traslazione <strong>di</strong> mondo. In<br />

essa, lo sguardo <strong>di</strong> chi osserva si fa estremamente vicino a quello <strong>di</strong> chi è osservato, che significa,<br />

infine, una propensione per lo sguardo dell'altro, per il suo modo <strong>di</strong> guardare il mondo. Diviene<br />

238 Bruni A., Lo stu<strong>di</strong>o etnografico delle organizzazioni, cit. p. 120<br />

239 E' evidente come questa prospettiva si collochi in una posizione antitetica rispetto ad una impostazione<br />

funzionalista la quale considera l'azione in<strong>di</strong>viduale come un mero sforzo <strong>di</strong> conformazione alle norme sociali. La<br />

posizione sociale degli in<strong>di</strong>vidui sarebbe quin<strong>di</strong> definita dal sistema sociale in<strong>di</strong>pendentemente dalle personalità dei<br />

singoli soggetti agenti, <strong>di</strong> modo che la loro attività sia subor<strong>di</strong>nata a tale con<strong>di</strong>zione. Ciò grazie ad un forte processo<br />

<strong>di</strong> socializzazione che induce l'in<strong>di</strong>viduo ad agire in conformità alle aspettative <strong>di</strong> ruolo istituzionalizzate<br />

producendo il risultato <strong>di</strong> perpetrare l'equilibrio macrostrutturale. A riguardo si veda : Parsons T., Il sistema<br />

sociale, Milano, Comunità, 1981<br />

240 Bour<strong>di</strong>eu P., “Introduzione”, in Sayad A., L'immigrazione o i paradossi dell'alterità, cit. p. 11<br />

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