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Alma Mater Studiorum – Università di Bologna - Cestim

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Il primo dato che si manifesta nelle narrazioni della malattia nel paese <strong>di</strong> immigrazione è la<br />

profonda paura che ad essa si associa. La malattia in migrazione spaventa perché ci si percepisce da<br />

soli ad affrontarla e allo stesso tempo si è soli a doversi rapportare con un sistema <strong>di</strong> servizi sanitari<br />

<strong>di</strong> cui si conoscono pochi elementi <strong>di</strong> funzionamento. Il senso <strong>di</strong> smarrimento <strong>di</strong> fronte a questa<br />

situazione è così grande che le paure per il proprio stato <strong>di</strong> salute si ingigantiscono fino a sfociare in<br />

un' irrazionale paura della morte. Una delle maggiori preoccupazioni è quella <strong>di</strong> morire con tutte le<br />

implicazioni del caso, anche <strong>di</strong> tipo economico.<br />

“La mia preoccupazione più grande è quella <strong>di</strong> morire, qui, da sola, e se muoio poi devi pagare <strong>di</strong>ecimila<br />

euro per il viaggio. Però non per il corpo. Per le ceneri.” [M7]<br />

Ma la malattia spaventa anche perché si è consapevoli del suo carattere invalidante che ha come<br />

conseguenza principale quella <strong>di</strong> comportare la per<strong>di</strong>ta del lavoro, essendo gli immigrati irregolari<br />

sprovvisti come è ovvio <strong>di</strong> una forma <strong>di</strong> copertura sociale quale è l'indennità <strong>di</strong> malattia, e<br />

conseguentemente <strong>di</strong> cagionare anche il fallimento del proprio progetto migratorio con pesanti<br />

ripercussioni sull'identità stessa del migrante.<br />

“(...) poi per il lavoro… perché se mi ammalo e non lavoro, non ho sol<strong>di</strong> per pagare l’affitto, devi<br />

mangiare e devi mettere qualcosa da parte perché mi preoccupo per la mia famiglia...penso a mio fratello.<br />

(...) Io voglio che stia bene. Ora comincia stu<strong>di</strong>are all’università.” [M7]<br />

“Guarda, io non sono regolare in Italia. Io non vado a domandare <strong>di</strong> prendere la malattia perché non sono<br />

regolare al lavoro e non posso prendere la malattia per stare a casa. Hai capito? Per me non è importante<br />

prendere malattia per stare a casa perché io sono clandestino. Per me è importante il lavoro, andare al<br />

lavoro, hai capito? Non è come per la gente italiana o gli immigrati regolari che vano dal dottore “Ho<br />

male alla schiena” e magari sono bugiardo perché non hanno male alla schiena.” [M1]<br />

Se il lavoro e il progetto migratorio sono ciò che la malattia mette a rischio, lo stesso lavoro o<br />

meglio le con<strong>di</strong>zioni in cui esso si svolge sono per i migranti intervistati i principali fattori che<br />

causano la malattia. Quin<strong>di</strong>, il rapporto che i migranti hanno con il lavoro si erge su una profonda<br />

ambiguità. Il lavoro è l'unica fonte <strong>di</strong> sostentamento e allo stesso tempo portatore <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio, <strong>di</strong><br />

problemi fisici e <strong>di</strong> malattie. Meritano una lettura approfon<strong>di</strong>ta le considerazioni espresse a riguardo<br />

da questi tre migranti.<br />

malattia <strong>di</strong>sagi esistenziali così come sembra da un'interpretazione della con<strong>di</strong>zione dei migranti che denoti il suo<br />

carattere <strong>di</strong> specificità.<br />

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