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Assassino!
Il barone aveva riso alla vista di sua madre riversa a terra
in una pozza di sangue. Quel riso divertito e incredulo gli
aveva fatto venire la pelle d'oca e lo aveva spinto a fuggire.
Avrebbe dovuto lanciarsi addosso al barone, combatterlo
con tutta la rabbia che aveva in corpo, combatterlo fino a
che non fosse morto. Invece Gunnar era scappato. Si era
lasciato vincere dalla paura ed era scappato come un
codardo lasciando lì da sola sua madre.
D'Bussy.
Gliel'avrebbe fatta pagare… lo avrebbe fatto pentire… lo
avrebbe ucciso.
Sì, pensò. Lo ucciderò.
A questo pensiero confortante, Gunnar udì la sua voce
abbassarsi e si svegliò subito rimettendosi di nuovo a sedere
dritto contro la parete.
Quando aprì gli occhi incontrò lo sguardo preoccupato
della sua prigioniera che lo osservava da una distanza un po'
troppo ravvicinata.
«Cos'hai da guardare?» brontolò lui.
«Stavi facendo un incubo» disse lei in tono gentile, ma si
allontanò da lui come se avesse appena svegliato una vipera.
«Hai… hai detto il nome di mio padre.»
«E allora?» replicò lui con freddo distacco, dandosi però
dello stupido per essersi addormentato e averle così fatto
scoprire che soffriva di incubi. Lo faceva arrabbiare e si
vergognava del fatto che non riuscisse a controllare i suoi
pensieri mentre dormiva. Era angosciato dal fatto che
d'Bussy tormentasse i suoi sogni ogni notte, lasciandolo
fradicio di sudore e a volte facendolo persino cadere dal
letto. Strinse le dita sulle tempie nel tentativo di bloccare sul
nascere un tremendo mal di testa. Solo Dio sapeva cosa
aveva detto o fatto mentre stava dormendo. E per di più,
proprio davanti a lei. Maledizione.