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che una goccia di sugo le stava colando dall'angolo della
bocca. L'attenzione di Rutledge fu subito catturata dalle
labbra di Raina, nel momento in cui si chiusero su quel
boccone e restò a guardarla mentre si ripuliva in fretta. Le
rivolse un sorriso indolente, i suoi occhi erano neri, lo
sguardo fermo.
Raina masticò quel pezzetto di carne per quella che le
sembrò un'eternità. La carne di cervo sembrava espandersi e
riempirle la bocca sotto lo sguardo meditabondo di
Rutledge. Alla fine lui tornò a concentrarsi sul cibo.
Addentò anche lui la carne e nello stesso istante Raina
inghiottì il suo boccone.
Quando tornò a porgerle un altro pezzo di carne dal suo
vassoio, Raina scosse la testa in segno di rifiuto. «Ti prego,»
sussurrò mentre guardava il salone gremito «mi stai
mettendo in imbarazzo.»
Rutledge corrugò la fronte. «Ti imbarazzo, e come?»
Le avvicinò di nuovo il coltello alla bocca ma lei lo
allontanò. «Penseranno che siamo amanti.»
«E allora?» ribatté, facendo spallucce e porgendole di
nuovo il coltello. Riluttante, Raina prese un altro boccone.
Rutledge la guardava assorto, poi sottolineò: «Credo che
succederà presto, in ogni caso.»
Raina lo fulminò con lo sguardo e si sentì avvampare.
Strinse le dita attorno al manico del coltello pensando che
era stato un idiota a lasciarle in mano un'arma.
«Se davvero hai intenzione di portare avanti questa
pessima idea, agnellino,» l'avvertì lui in tono dolce «ti
ritroverai seduta sulle mie ginocchia in men che non si dica,
e mostrerò il tuo sederino insolente a tutti come monito
della tua stupidità.»
«Non dici sul serio» ribatté Raina, anche se nel dirlo
poggiò immediatamente il coltello. «Come si suol dire, can
che abbaia non morde.»