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loccavano le braccia.
«Rutledge, ma non vedi che la mia spada è molto più
grande della tua? Non hai nessuna possibilità di battermi.»
Nigel fece uno scatto in avanti fendendo l'aria. Gunnar
riuscì di nuovo a schivare il colpo, ma di poco stavolta,
appiattendosi contro il muro.
Quando Nigel gli si avvicinò per cercare di colpirlo di
nuovo, Raina gli saltò addosso, cercando in ogni modo di
farlo cadere. Nigel inciampò e arcuando la schiena le afferrò
le braccia con la mano libera. Raina continuava a restargli
disperatamente aggrappata, piena di rabbia. Alla fine Nigel
riuscì a liberarsi di lei scrollandosela di dosso e buttandola a
terra, come se non fosse altro che una scocciatura. Raina
atterrò sulla schiena e, subito dopo, sentì contro il viso la
lama fredda della spada di Nigel.
«Mi dispiacerebbe dover sfigurare questo bel faccino, mia
cara» la minacciò. Poi si voltò e tornò da Gunnar. «Stai
facendo innervosire la mia sposa, Rutledge. Perché non ti
arrendi, così che possiamo chiuderla in fretta?»
«Anche io non vedo l'ora di finirla» ringhiò Gunnar e con
un cenno della mano fece segno a Nigel di avvicinarsi.
Decisa ad aiutare Gunnar, Raina filò via per andare a
prendere l'unica arma a cui era riuscita a pensare: la torcia
accesa che si trovava sulla parete opposta della cella.
Nigel riprese in mano la spada e caricò ancora Gunnar,
che schivò il fendente e rialzandosi in fretta riuscì a colpire
il suo avversario su un fianco. A Nigel si mozzò il fiato e
fece un passo all'indietro, strisciando i piedi sul pavimento.
Gridò e di nuovo sollevò la spada sopra la testa con
entrambe le mani, pronto a colpire Gunnar.
Nel frattempo Raina cercava disperatamente di
rimuovere la torcia dal portacandele da parete; le tremavano
le dita e aveva il cuore in gola.
Dietro di lei sentiva il rumore della spada di Nigel che si