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le fronde arrivavano a toccare la superficie. L'aria
profumava di fiori di campo e muschio, un pettirosso
cinguettava sopra di loro.
«Che luogo meraviglioso e pieno di pace» rifletté a voce
alta Raina mentre Gunnar smontava da cavallo e poi
l'aiutava a scendere. «È un paradiso, così appartato e così
pacifico. Non è come Norworth…»
Avrebbe voluto rimangiarsi quell'ultimo commento ma
ormai era troppo tardi. Lo sentiva ancora, amaro come la
bile, sulle labbra. Adesso Raina odiava parlare di Norworth
e odiava l'onta di essere la figlia di un uomo capace di simili
atrocità. Ma prima che potesse balbettare una scusa per
avergli ricordato un passato terribile, Gunnar l'afferrò per
una mano e l'abbracciò.
Catturò le labbra di Raina in un bacio appassionato che,
come un balsamo, scacciò via tutta la tristezza e la sua
disperazione. «Questo è il paradiso» mormorò lui mentre
con le labbra le accarezzava il collo. «E questo…»
Si abbassò e con la lingua scese a esplorarle la curva dei
seni mentre le sue mani vagavano libere, accarezzandola fin
quasi a farla svenire. Riluttante, Gunnar si staccò da lei.
«Adesso vieni con me prima che ti prenda qui. La giornata è
ancora lunga.»
Ebbra di desiderio e ansiosa di sottomettersi al suo
volere, Raina lo seguì non appena lui la prese per mano per
portarla verso la riva del laghetto. Gunnar si voltò
all'improvviso e la baciò, più appassionatamente di prima,
come se non riuscisse a staccarsi dalle sue labbra. Il
desiderio che Raina assaporava nei suoi baci era ancora più
evidente nel suo sguardo. Le tolse la gonna con la stessa
cura e attenzione che si potrebbero avere nello scoprire una
sacra reliquia. Poi anche Gunnar si spogliò, lasciando
cadere i vestiti a terra.
Nudo ed eccitato le chiese: «Il pensiero di fare il bagno