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tuo marito, non con me.»
Queste parole la ferirono più di qualunque dolore fisico.
Raina non poteva più concepire l'idea di stare lontana da
lui, figuriamoci la prospettiva di andare a letto con un altro.
Ma Gunnar era un guerriero abituato a combattere, non
certo il tipo di uomo che progetta di avere una famiglia. E
meno che mai con la figlia del suo peggior nemico.
E anche se lui avesse voluto, i piani di suo padre per lei
erano altri. Suo padre l'aveva sempre tenuta rinchiusa
proteggendo la sua verginità come un re fa con i suoi
possedimenti, nell'attesa di trovarle il marito perfetto; un
marito che avrebbe portato alle casse dei d'Bussy nuove
terre e nuove ricchezze. Il barone avrebbe voluto che lei
sposasse qualcuno che avesse legami con la corte reale.
Con un brivido Raina ricordò tutti quei baroni e conti
ormai in là negli anni, che suo padre invitava a Norworth;
ricordò anche tutte le prediche che le faceva ogni volta che
respingeva le loro avances. Raina era arrivata a rovesciare
una coppa dì vino addosso a uno di loro quando questi
aveva avuto la sfacciataggine di allungare una mano sotto il
tavolo per toccarle una coscia.
All'improvviso, il consiglio che Dorcas le aveva dato
qualche giorno prima di cercare di convincere Gunnar a
tenerla con sé non le sembrava più così assurdo. Voleva
restare con Gunnar più di ogni altra cosa al mondo. Voleva
restare con lui per sempre in quell'angolo di paradiso in cui
si sentiva viva, in cui si sentiva parte di qualcosa di vero e
puro; dove si sentiva a casa.
Ma Raina non aveva intenzione di caricare Gunnar dei
suoi problemi, né di pregarlo di tenerla con sé. Le restavano
solo pochi giorni prima che lui incontrasse suo padre e
aveva intenzione di godere di ogni momento. Determinata a
non cedere alle lacrime, Raina gli disse: «Milord, non
parliamo di rimpianti e di cosa succederà domani. Ti prego,