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porta. Nonostante il taglio profondo al braccio era riuscito a
mettersi la tunica. «Ho dormito per quasi tutta la mattina»
disse, mentre Raina si avvicinava.
Lo abbracciò, dolcemente. Lui s'irrigidì trattenendo il
respiro, poi si lasciò andare e allungò le mani per
abbracciarla a sua volta. Gunnar si lasciò sfuggire un
sospiro di sorpresa quando Raina allungò le mani verso il
basso per prendere i lembi della tunica. La sua voce si fece
subito roca, piena di esitazione. «Ah, tesoro… Raina, cosa
pensi di fare?»
Lei non rispose e gli sollevò la tunica obbligandolo ad
alzare le braccia mentre lei gliela sfilava. Gunnar rise, un
po' nervoso, ma sollevò comunque le braccia. Raina lasciò
cadere a terra la tunica.
«Raina…»
Raina decise di ignorare la crescente tensione nella voce
e nel corpo di Gunnar. Gli passò le mani sulla schiena
cercando di imprimersi nella memoria ogni centimetro della
sua pelle. Si piegò in avanti per baciare dolcemente la
cicatrice che gli percorreva tutta la schiena, un modo per
chiedere perdono al bambino che l'aveva subita, un segno di
piena accettazione verso l'uomo che la portava. Lui gemette
quando le labbra di Raina gli sfiorarono la pelle,
assaggiandolo, facendogli capire che lo desiderava. Quando
poi gli mordicchiò il collo, lui si voltò e l'afferrò per le
braccia allontanandola da sé anche se il suo sguardo
annebbiato diceva tutto il contrario. «Hai idea di quello che
mi stai chiedendo?» sibilò lui.
«Sì,» replicò lei senza esitare «lo so.» E tornò ad
abbracciarlo.
«Raina, tesoro mio… Questo non cambierà le cose. Non
può…»
Lei gli posò un dito sulle labbra. «Una volta mi hai detto
che quando saremmo stati insieme non sarebbe stato per