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forse che erano passati tredici anni da quella notte? Forse i
suoi ricordi erano confusi. Ma sì, doveva essere senza
subbio così! E anche se suo padre si era rifiutato di parlare
dell'accaduto e aveva negato il suo coinvolgimento in quella
vicenda, forse, se avesse avuto il tempo di rifletterci, avrebbe
potuto spiegarle com'erano andate davvero le cose.
Se solo avesse potuto convincere Gunnar a dargli la
possibilità di spiegarsi.
Gunnar non aveva nessuna intenzione di incontrare
ancora Raina quel giorno e così decise di organizzare una
battuta di caccia con Alaric e gli altri nonostante il tempo
promettesse pioggia, in modo da restare fuori per diverse
ore. Era tanto stupido da credere che trascorrere del tempo
fuori dalla fortezza gli avrebbe impedito di pensare a lei, di
immaginarla tra le sue braccia.
Ma continuava a vedere il suo viso ovunque, così come
continuava a sentire la morbidezza e il profumo della sua
pelle nella brezza estiva che scendeva dalle colline. La
sentiva ancora pronunciare il suo nome con voce piena di
passione, mentre un calore intenso gli invadeva i lombi.
Raina era sotto la sua pelle, ce l'aveva nel sangue e negarlo
a sé stesso non aveva più senso.
Più di una volta non aveva prestato attenzione ai suoi
uomini mentre gli parlavano. Più di una volta mancò il
bersaglio con le frecce. Gunnar era altrove ormai da qualche
giorno e alla fine lasciò i suoi uomini cacciare da soli. Si
fermò e da un sacchettino legato al suo balteo tirò fuori
l'anello che aveva sottratto a Raina la prima sera. Così
delicato eppure forte allo stesso tempo. Bello e vero. Proprio
come lei…
Sua madre.
Tutte le volte che Gunnar pensava a lei, la ricordava con
quell'anello al dito. Gli aveva raccontato spesso come