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Qualche ora dopo Raina tornò nella stanza di Gunnar con il
cuore pesante come un macigno. Non conoscendo la sua
vera identità, Merrick le aveva raccontato tutto, senza
risparmiarle nessun dettaglio su come, tredici anni prima, la
fortezza di Wynbrooke era stata messa a ferro e fuoco.
Raina lo aveva ascoltato ammutolita e agghiacciata: aveva
scoperto come William Rutledge era morto durante il
torneo, come la fortezza di Wynbrooke era stata attaccata e
poi era venuta a conoscenza del tremendo epilogo
dell'assedio e di tutto il dolore che Gunnar aveva dovuto
sopportare quando era ancora solo un bambino.
Dopo aver ascoltato quel racconto, come poteva
pretendere che Gunnar potesse perdonare, porgere l'altra
guancia? Madre di Dio, se anche lei avesse subito quelle
stesse atrocità non era sicura che avrebbe avuto la carità
cristiana o la forza necessaria a perdonare tanta barbarie per
poter andare avanti. E quindi Gunnar cos'altro avrebbe
potuto risponderle quando gli aveva chiesto di dare a suo
padre la possibilità di spiegarsi? Come avrebbe mai potuto
perdonare una violenza così gratuita e immorale?
Anche se il racconto fattole da Merrick la faceva stare
male, Raina era dannatamente grata a quella verità che
l'aveva liberata. Non avrebbe più vissuto al sicuro sotto una
campana di vetro, all'oscuro dalla realtà delle cose. Aveva
vissuto tutta la vita dentro una bugia, ma ormai sapeva e
avrebbe potuto finalmente rivendicare il diritto a vivere
diversamente.
Aprì la porta della stanza e trovò Gunnar in piedi
accanto alla finestra. Lui la guardò entrare e richiudere la