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Raina sentì gli occhi riempirsi di lacrime mentre
guardava Nigel allontanarsi. Tirò su con il naso e le asciugò
in fretta quando Rutledge si avvicinò alle sue spalle.
«Piangi, milady?» le chiese dolcemente.
Raina lo guardò. Aveva la voce carica di rabbia quando
gli rispose: «Sì, per lui! E per tutti gli altri a cui hai fatto del
male, maledetto farabutto!» In preda alla collera, abbassò gli
occhi sotto il peso dello sguardo di lui. Nascose il viso tra le
mani, perché era esausta e si sentiva sola.
Si accorse subito che Rutledge le stava accarezzando i
capelli e che le aveva posato una mano sulla spalla. Lo
guardò e inorridì pensando che gli stava permettendo di
toccarla, di darle conforto. Scansò la spalla. «Non toccarmi
mai più» sibilò, facendo appello a tutta la rabbia che covava
dentro di sé. «Non ho bisogno del tipo di consolazione che
puoi offrirmi.»
«È perché preferiresti che fosse quel codardo di Nigel a
consolarti?»
Raina incrociò le braccia sul petto. «Preferirei farmi
uccidere piuttosto che farmi toccare da te.»
«Bene, allora lo terrò a mente, milady, nel caso dovessi
sentirne ancora il bisogno.»
Si allontanò.
«Ricordati anche questo, canaglia!» gli gridò dietro lei. «Il
giorno in cui morirai sarà il più felice della mia vita! Giuro
che urlerò di gioia quando lo saprò!»
Rutledge tornò a grandi passi verso di lei.
«E poi che farai, milady? Forza, rendimi partecipe di tutti
i tuoi desideri. Sposerai Nigel? Porterai in grembo i frutti
marci dei suoi lombi?»
A queste parole, Raina alzò la mano pronta a
schiaffeggiarlo, ma lui la bloccò afferrandole il polso.
«Lo difendi,» disse lui in tono calmo «eppure non ci ha
pensato due volte ad abbandonarti al tuo destino.»