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Raina si vegliò per l'ennesima volta quella notte, perché
sentiva la testa ciondolarle sul petto. Era seduta sul suo
giaciglio con le spalle appoggiate al muro e aveva aspettato
Rutledge per tutta la notte nella speranza di sentirgli dire
che aveva deciso di non punire Alaric; aveva bisogno di
sapere che il ragazzo stava bene. Ma le ore passavano e la
notte aveva iniziato a svanire nell'alba e Raina capì di
averlo aspettato invano. Probabilmente, non solo Rutledge
aveva davvero punito il ragazzo ma, a giudicare dalle
perfette condizioni del suo letto, si era dedicato a quel
deprecabile compito per l'intera nottata. Che spietato
farabutto!
Si alzò in piedi e sbirciò dalla finestra che dava sul muro
di cinta. Nella corte interna non si vedevano né uomini né
bestie. Nulla lasciava trasparire gli eventi occorsi solo
qualche ora prima; nulla che ne indicasse le conseguenze. Si
appoggiò allo spesso davanzale della finestra e respirò a
pieni polmoni la fresca aria del Nord. Era frizzante e
selvaggia e le fece battere il cuore più in fretta, tanto era
inebriante il profumo della libertà. L'alba indugiava sulla
linea dell'orizzonte, il sole era ancora troppo timido per fare
capolino dalle cime delle colline più lontane. La fortezza,
come il resto della campagna circostante, dormiva
tranquilla. Raina riusciva quasi a immaginarsi a Norworth,
seduta sul davanzale della sua finestra a salutare il nuovo
giorno come aveva fatto centinaia di altre volte. Avrebbe
voluto essere a casa, lontana da quel luogo.
Lontana da lui.
Lontana dai sentimenti che lui le aveva risvegliato.