Scaricare - Condividere un file PDF

«Gunnar!» Sollevò una mano per salutarlo e rise in modo
quasi isterico per il sollievo di averlo di nuovo con lei, sano
e salvo. Lui sembrò esitare mentre guardava nella sua
direzione, la pioggia battente e l'oscurità di quella notte
senza luna nascondevano le espressioni del suo volto.
Lanciò le redini del cavallo a una guardia e in tutta fretta
entrò nel castello.
Il rumore dei suoi speroni sulle scale, Raina corse fuori
dalla sua stanza. Si sentì invadere da una sensazione molto
più forte del semplice sollievo. Quando lo ebbe davanti, le si
mozzò il fiato: fradicio e malridotto, con i capelli neri
appiccicati al viso, la tunica grondava acqua e gli si era
attaccata addosso come una seconda pelle. Un sorriso
impenitente gli illuminava il volto.
Raina gli lanciò le braccia al collo. «Ero così in ansia.»
Quello che avrebbe dovuto essere un rimprovero era
diventato solo un sussurro. Aveva appena finito di
pronunciare quelle parole, quando Gunnar, risoluto, la
sollevò tra le braccia riportandola in camera. Richiuse la
porta con un calcio. La adagiò sul letto, si tolse il balteo e la
fodera della spada e si liberò della tunica bagnata.
Raina si sentì obbligata a riempire quel silenzio. «Sei
stato fuori diverse ore con questo temporale…» Ma quando
vide Gunnar avvicinarsi al letto, le si spense la voce. «Non
hai niente da dire?»
«Sì,» mormorò lui «che ti sei preoccupata inutilmente.»
Le si avvicinò. Era come una pantera dal pelo liscio e
lucente. Aveva un aspetto sovrannaturale, animalesco, e
Raina gli si arrese senza lottare. Trattenne il fiato quando
Gunnar le afferro una caviglia e la tirò giù dal letto,
facendola cadere sulla schiena. In un attimo era sopra di lei,
il petto schiacciato contro il suo, e le bagnava la stoffa
sottile del vestito. I loro corpi si fusero mentre lui
nascondeva il viso nella piega del collo di lei.