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Gunnar avvertì una fitta di umiliazione mescolarsi alla
rabbia e all'odio di cui si era nutrito per tanto tempo.
Quest'uomo grasso e curvo era il demone che aveva
infestato i suoi incubi negli ultimi tredici anni? Si rifiutò di
provare pietà o qualunque altra cosa.
Sceso dai palchi, il barone levò un calice incastonato di
pietre preziose, incoraggiando il pubblico ad applaudire. Si
voltò verso Gunnar per decretare la sua vittoria e poi passò
il calice a Raina, che lo prese per offrirlo al vincitore.
«Lode!» esclamò il barone, applaudendo di cuore. «Lode
a voi, signore! Avete dato prova di essere molto abile.»
Gunnar accettò il calice e annuì solennemente. Distratto
dai rubini e dagli zaffiri incastonati nella coppa, si chiese
come d'Bussy ne fosse venuto in possesso.
«Un premio davvero incantevole,» affermò orgoglioso il
barone «degno di un re, non è vero?»
Gunnar rigirò il calice tra le mani. «Questo non ha
nessun valore per me.» Ignorando la sorpresa di Raina,
Gunnar torno a rivolgere la sua attenzione verso il barone e
parlò a voce alta, perché tutti potessero udirlo. «Il premio
per cui ho combattuto oggi è molto più grande di questo
ninnolo insignificante.»
L'allegria abbandonò subito il volto del barone. Gunnar
lo fissò negli occhi. All'improvviso sorrise increspando la
fronte. Rise forte, in modo sguaiato, e poi si voltò in
direzione delle facce stupite che erano dietro di lui. «Per
Dio! Ecco un uomo come me!»
«Lo sono, d'Bussy» mormorò Gunnar. «Lo sono.»
Bevve dal calice e poi lo buttò con noncuranza ai piedi
del suo cavallo. Mentre la risata di d'Bussy gli echeggiava
nelle orecchie, Gunnar sentiva prudere il palmo della mano
che impugnava l'elsa della spada. Quando sguainò l'arma, il
rumore metallico fece voltare il barone. Stava ancora
ridendo ma non appena comprese, l'allegria si spense di