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non parlare di come reagiva il suo corpo al solo pensiero di
lui.
Gunnar era furioso e si precipitò giù per le scale in
direzione del salone. Il suo mantello era un turbine nero
dietro di lui. Avrebbe voluto strangolare Alaric, scuoterlo
fino a fargli perdere i sensi per la sconsiderata disobbedienza
che per poco non era costata la vita a Raina. Nella sua
mente, continuava a rivedere la freccia che le era stata
scagliata addosso mentre Raina cercava di fuggire. Proprio
come un arco, i muscoli di Gunnar continuavano a tendersi
ogni volta che quelle immagini gli attraversavano la mente.
Il cuore gli batteva forte in petto, e il sudore che gli bagnava
la fronte gli ricordava la collera che si era impossessata di
lui al pensiero di cosa sarebbe potuto accadere. Santo Dio!
Gunnar non sapeva dire chi fosse il più stupido tra i due, se
la sua testarda prigioniera o il suo ingenuo scudiero.
In preda a una grande frustrazione, batté il pugno sulla
porta del salone. Gridò il nome di Alaric e la sua voce
risuonò al di sopra del baccano che rimbombava nel salone.
Ogni conversazione venne interrotta non appena il popolo
della fortezza si voltò a guardare il proprio signore.
Nonostante fosse tarda notte, il salone era gremito per la
curiosità che la fuga di Raina aveva scatenato e perché tutti
ne presagivano le conseguenze.
Gunnar attraversò il salone a grandi passi, dirigendosi
verso il tavolo dove Alaric lo stava aspettando. Il ragazzo
teneva il volto abbassato e il bernoccolo violaceo che aveva
in fronte si ingigantiva sempre più. Nel vederlo arrivare, lo
scudiero sollevò lo sguardo, ma non tremava, al contrario di
tutti gli altri. Piuttosto si alzò e raddrizzò le spalle. Nel
vederlo così sicuro di sé, Gunnar s'infuriò ancora di più ed
esplose con tutta la rabbia che aveva in corpo. «Hai una
vaga idea di quanto sarebbe potuta costarmi questa tua