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Gli altri cavalieri erano appena usciti dalle stalle e risero
facendo qualche battuta a loro volta, ma nessuno colse il
veleno che serpeggiava nelle parole di Burc, che mantenne il
suo sorriso forzato e continuò a guardare Raina con occhi
porcini.
«Toccala» lo minacciò Rutledge ostentando una calma
glaciale «e morirai. Non scherzo, Burc. E lo stesso vale per
tutti voi. Finché resterà qui, questa donna appartiene a me.»
Il suo sguardo duro e minaccioso si posò su Raina.
«Proteggo quello che è mio.»
Detto questo, girò sui tacchi e con uno strattone la tirò al
suo fianco incamminandosi verso la fortezza. La trascinò
attraverso il salone e su per le scale senza mollare mai la
presa sulla sua mano.
«Non sono di tua proprietà!» sibilò Raina mentre cercava
di non inciampare per tenere il passo.
Rutledge si precipitò lungo uno stretto corridoio e la fece
entrare in una stanza vuota sbattendo la porta dietro di loro.
Le si avvicinò e le strinse le braccia, quasi scuotendola. La
sua voce però era calma e quello che le disse non lasciava
trasparire nessuna emozione: «Non sfidarmi mai davanti ai
miei uomini, non contraddirmi mai davanti a loro, hai
capito?» Quando lei annuì, l'espressione sul suo viso si
rilassò un po'. «Uomini come quei mercenari là sotto non
sono abituati ad avere a che fare con femmine insolenti e in
special modo con quelle di nobile nascita.» I suoi occhi scuri
incontrarono quelli di lei per un attimo, poi Rutledge
distolse in fretta lo sguardo. «E nemmeno io.»
La lasciò andare e la sua attenzione fu catturata dagli
scuri malridotti che pendevano di sbieco sull'unica finestra
della stanza. Si avvicinò alla finestra, afferrò la maniglia che
li chiudeva e diede uno strattone. Rise quando la maniglia
gli restò in mano. «Questo posto mi crollerà addosso un
giorno o l'altro» mormorò, mentre buttava in un angolo