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madre? Come le piaceva trascorrere il tempo? Le somigliava
un po'? Suo padre rispondeva sempre con riluttanza, come
se la moglie fosse stata un tesoro così prezioso da non poter
essere condiviso nemmeno con la figlia. Raina aveva dei
ricordi di sua madre che erano in contrasto con i racconti di
una donna vivace che affascinava re e regine che le faceva
suo padre. La donna che Raina ricordava era una creatura
sola e infelice. Una donna fragile e disperata, ridotta
all'ombra di colei che suo padre aveva conosciuto.
Spesso Raina si era domandata se non fosse stata la sua
nascita a causare quel cambiamento nella madre, se con le
sue risposte evasive il padre non stesse in realtà cercando di
proteggerla dalla verità. Sebbene si sentisse in colpa per la
perdita di un essere tanto amato, Raina aveva imparato ad
accettare la versione del padre, anche se i suoi ricordi erano
in netto contrasto con quelli di lui.
Gli diede un bacio sulla testa coperta di lentiggini.
«Manca anche a me. Ma ora, papà, sono molto preoccupata
per te. Ho parlato con Nigel…»
Il barone s'irrigidì subito. «Ti ho detto di stargli lontana»
sbottò in tono seccato. «Non voglio che parli con lui,
facendoti riempire la testa di sciocchezze!»
Raina indietreggiò, stupita e molto confusa per quello
scoppio d'ira. «Che siamo sotto minaccia di assedio non è
affatto una sciocchezza, papà.» Il barone sospirò per
riacquistare il controllo di sé, mentre Raina continuava a
parlare. «Tutta la fortezza è in subbuglio a causa dei
resoconti sugli attacchi. Nigel dice che è solo questione di
tempo prima che mettano gli occhi su Norworth.»
Suo padre scosse il capo con aria solenne. «Non verrà
qui» disse con voce calma, quasi parlasse tra sé.
«Saccheggerà le mie tenute e porterà via tutto quello che
vorrà. Poi se ne andrà. Ma non verrà qui.»
«Stai parlando dell'uomo del torneo, vero? Parli di