Scaricare - Condividere un file PDF

Merrick lo fissava da un po' quando Gunnar si decise a
guardarlo. Il tono del vecchio era diventato riflessivo,
compassionevole. «Perdere la tua famiglia e la tua casa…
non deve essere stato facile per te, soprattutto perché eri
ancora cosi piccolo.»
Non lo era stato infatti. Ma Gunnar non voleva pensarci.
Non aveva bisogno che qualcuno gli ricordasse il moccioso
debole e piagnucoloso che d'Bussy aveva incontrato quel
giorno a Wynbrooke, o lo stupido che se l'era lasciato
sfuggire non una ma ben due volte, alla taverna e poi di
nuovo al torneo. «Il passato è…»
Stava per dire che il passato era da dimenticare ma, in
realtà, non era affatto così. Non lo avrebbe dimenticato
finché d'Bussy fosse rimasto in vita. «Il passato è passato» si
corresse in fretta. Poi finì il suo vino e si alzò, pronto ad
andarsene.
Prima che se ne andasse, Merrick gli diede un bel pezzo
di formaggio e una pagnotta per il viaggio. Dato che l'anello
di suo padre lo aveva reso sobrio, Gunnar accettò anche un
fiasco di vino senza pensarci su due volte. Solo quando fu in
piedi capì che, anche se era mentalmente lucido, il suo
corpo non lo era altrettanto. Salutò Merrick, lo ringraziò, e
su gambe insolitamente malferme si avviò a slegare il suo
cavallo. Cavalcò verso la collina e la fortezza in cui teneva
rinchiusa la sua prigioniera portando con sé un po' di legna
avvolta nel mantello, le provviste sottobraccio e l'anello di
suo padre ben nascosto dentro un astuccio assicurato al
balteo.
Cedric era sveglio e si alzò senza far rumore quando
Gunnar arrivò in cima alle scale. Tra tutti i suoi uomini,
Cedric era il più coscienzioso; eseguiva sempre gli ordini a
differenza di altri, come Burc, che invece obbedivano solo
se gli ordini erano conformi ai loro personali interessi.