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si rimise in piedi barcollando. «Ferma» le intimò Nigel.
«Non ti ho ancora dato il permesso di andare.»
Evard imprecò. «Non ne hai ancora avute abbastanza di
vergini, Nigel? Devi anche riempire le loro pance con i tuoi
bastardi?»
Nigel rise guardando la ragazza. «Tale padre, tale figlio»
sentenziò e tornò a rivolgersi al cavaliere dal volto truce.
«Torna alla fortezza, Evard. Stavo giusto per arare questo
campo fertile. Ci vediamo tra poco.» Mentre il cavaliere se
ne andava, Nigel tornò a concentrarsi sulla ragazza. «Su,
dolcezza, fai la brava con il tuo lord…»
Qualche minuto dopo Nigel riemerse dai cespugli,
asciugandosi il sudore che gli imperlava la fronte.
Riagganciò la spada al balteo e si diresse verso il cavallo del
barone, che aveva deciso di tenere per sé dopo che
Rutledge, la settimana prima, gli aveva rubato il suo. Nigel
lanciò il cavallo al galoppo e in un batter d'occhio arrivò alla
fortezza. Da uno scudiero seppe che Raina si era chiusa
nelle sue stanze.
Nigel si lanciò su per le scale e bussò alla porta di Raina.
Non aspettò nemmeno che lei gli desse il permesso di
entrare. Raina arrossì mentre si abbassava in fretta le gonne
di un vestito rosso. I piedi, pallidi e delicati, erano nudi e i
capelli sciolti le ricadevano in morbidi ricci sui fianchi.
Nigel si maledì per il suo tempismo; se fosse arrivato
qualche attimo prima l'avrebbe vista nuda. Accadrà presto,
pensò. Sarebbe stato libero di guardarla come voleva. Con
un sorriso stampato in volto attraversò la stanza per andare
ad abbracciarla.
«Raina, grazie al cielo sei a casa!» Nigel affondò il naso
tra i suoi capelli mentre la stringeva nonostante la fredda
risposta di lei. «Ero a sistemare una faccenda giù al
villaggio, quando ho saputo che eri tornata» esclamò
sorridendo tra sé. «Sono venuto più in fretta che ho potuto.»