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ene. Devi fidarti di me.»
Il mattino arrivò in fretta e Raina si svegliò sola. Indossò
lentamente il suo vestito e un paio di scarpe che le aveva
portato Agnes. Si pettinò i capelli in una treccia e sperò che
Gunnar sarebbe almeno passato a dirle addio.
Casa.
Era strano ma Norworth non era più casa sua. Il pensiero
di tornare in quel luogo pieno di menzogne la terrorizzava.
E l'inevitabile era arrivato troppo presto. Davvero aveva
creduto che non avrebbe mai dovuto separarsi da Gunnar?
Era stato audace da parte sua accoglierlo tra le sue
braccia e dentro di lei, fargli promettere di non parlare del
passato e dei rimpianti, per dar voce solo ai sogni e ai
desideri. Era stata coraggiosa a dirgli che sapeva a cosa
andava incontro scegliendo di amarlo, che era preparata alle
conseguenze. Com'era stata ingenua a pensare che sarebbe
rimasta la stessa dopo aver conosciuto il piacere del suo
corpo stretto a quello di Gunnar.
Raina capì in quel momento che si era davvero convinta
di poter negare il passato, persino di dimenticarlo. Ma stare
con Gunnar le aveva fatto credere molte altre cose.
Persino che lui l'amasse.
Si aggrappò a quella convinzione mentre si asciugava le
lacrime e tentava di convincersi che il dolore che le
spezzava il cuore non sarebbe durato a lungo. In fondo,
Gunnar non le aveva promesso niente, non le aveva fatto
credere che sarebbe tornato da lei una volta risolto il
problema con suo padre. Tuttavia voleva ancora sperare che
l'avrebbe fatto.
Immaginava il momento in cui Gunnar e suo padre si
sarebbero incontrati per risolvere le loro divergenze e poi
avrebbero cavalcato insieme verso Norworth in pace, così
che lei e Gunnar sarebbero di nuovo stati insieme e non