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scomposto sulla sella del suo cavallo, si lasciò andare a un
pesante sospiro. «Sono davvero stanco di cavalcare»
mormorò biascicando le parole a causa del vino bevuto a
colazione. «Per quanto credi che dovremo ancora viaggiare,
figlio mio?»
Nigel ignorò quelle parole d'affetto, cercando d'ignorare
l'ondata di senso di colpa che lo sommerse quando sentì il
barone pronunciare finalmente quelle semplici parole. Lo
aveva detto solo perché era ubriaco. Ormai era troppo tardi,
pensò Nigel. Non significavano più niente. Norworth aveva
bisogno di un nuovo lord, di qualcuno che fosse più forte di
quell'ubriacone trasandato e demente. Norworth aveva
bisogno di lui; era il suo primogenito ed era arrivato il
momento di reclamare quanto era suo.
«Non per molto» replicò Nigel pacatamente, mentre
osservava il bosco che si apriva davanti a loro e decideva
che era un luogo abbastanza appartato da permettergli di
portare a termine il suo piano. «Siamo quasi arrivati.»
Il sole era appena sorto quando Gunnar arrivò a
Wynbrooke. Più si avvicinava alla fortezza e più il suo
cuore era preso d'assalto da emozioni contrastanti. Mentre
cavalcava verso sud, diretto verso quella che una volta era
stata casa sua, aveva quasi deciso di lasciare in vita d'Bussy.
Gunnar sapeva che molto probabilmente non avrebbe
mai potuto perdonarlo, né avrebbe potuto capire le ragioni
di quel crimine, ma non aveva più bisogno di macchiarsi le
mani del sangue del barone per vivere la sua vita in pace.
Qualcosa dentro di lui era cambiato e aveva addolcito l'odio
e il dolore che lo avevano accompagnato per tutta la vita;
aveva imparato a gioire di quello che aveva e a nutrire
speranze per il futuro.
Grazie a Raina.
Era dentro di lui. Dentro di lui e attorno a lui; era in tutto