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Burc prese la palla al balzo e rilanciò: «Vuoi dire che
potrei avere la testa di quel bastardo e anche un po' di soldi?
Come potrei rifiutare?»
«Bene» aggiunse Nigel sollevando il boccale per un
brindisi solenne.
Un paio d'ore più tardi, Nigel lasciò sul tavolo della
taverna una moneta per la birra e se ne andò gongolando
per la facilità con cui il suo piano stava prendendo forma.
Sapeva di potersi fidare di un uomo come Burc, perché
avrebbe tenuto segreto il loro accordo, qualunque cifra gli
fosse stata offerta. Ma Nigel non aveva nessuna intenzione
di dare a quell'avido ubriacone nemmeno un centesimo.
No, quando Burc sarebbe tornato a chiedere il suo
compenso, avrebbe trovato la spada di Nigel a dargli il
benvenuto.
Il piano sarebbe stato portato a termine senza rimetterci
un soldo. Nigel rise forte pensando compiaciuto alla
vivacità della sua intelligenza e al fatto che l'indomani
avrebbe finalmente avuto la sua ricompensa.
Tutto quello che gli restava da fare era convincere il
barone, a mettere da parte il suo disprezzo per lui, anche
solo per un giorno, e a permettergli di accompagnarlo
all'incontro con Rutledge per proteggerlo come avrebbe
fatto qualunque figlio devoto.
L'indomani, all'alba, Nigel e il barone partirono alla volta
di Wynbrooke. C'erano voluti un paio di boccali di vino e
una sana dose di senso di colpa per convincere il vecchio a
concedere almeno questo onore al figlio bastardo. Nigel gli
cavalcava accanto e continuava a guardare una delle vene
sul collo di suo padre, pensando a quando avrebbe smesso
di pulsare… per sempre.
Sorrise, quasi in preda a una sorta di ebbrezza al pensiero
che sarebbe stato proprio lui a ucciderlo. Il barone, seduto