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da una ragazza, da dimenticarsi del barone e, cosa ancora
peggiore, si era intrattenuto con la figlia di quel criminale
invece di escogitare un piano per attaccarlo.
«Qual è il problema?» domandò lei.
Lui inspirò profondamente, sentì le narici allargarsi per
lo sforzo e poi espirò per calmarsi. Mise da parte la rabbia
con tutta l'abilità che aveva guadagnato nel corso degli anni
e le sorrise.
L'espressione guardinga sul volto della ragazza sparì in
fretta, lasciando spazio a un sorriso speranzoso. «Conosci
mio padre?»
«Milady,» rispose lui «credo che non esista uomo in tutto
il continente che non conosca tuo padre o la sua
reputazione.»
«Sì» replicò lei compiaciuta. «Lo credo anch'io.»
Ovviamente, il tono leggero che Gunnar si stava
sforzando di mantenere e i suoi modi affabili non avevano
affatto mascherato il sarcasmo. Il battito del suo cuore era
alimentato dall'odio, e la rabbia gli rimescolava il sangue
nelle vene.
In quell'istante, un giovane paggio dai capelli biondi si
avvicinò a Raina con fare precipitoso. Si fermò accanto a lei
e si schiarì la gola. «Pe… perdonatemi, mi… mia signora.»
Balbettava e guardava nervoso Gunnar e Raina. Fece un bel
respiro e continuò a parlare sussurrando. «Mi… milord mi
ha mandato qui per co… condurvi da lui per l'inizio del
torneo.»
«Grazie, Robert.» Raina si accucciò verso di lui, e
carezzandogli la frangia gli sussurrò: «Sei migliorato molto,
Robert. Vieni, torniamo indietro insieme e fermiamoci a
mangiare un dolce, che ne pensi?»
Il ragazzo annuì entusiasta, Raina rise e lo abbracciò in
modo fraterno. Guardò Gunnar e i suoi occhi gli
sorridevano ancora. Lui sentì all'improvviso una stranissima