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correre su per le scale, come un ragazzino innamorato.
Mentre Gunnar saliva i gradini due a due i suoi speroni
risuonavano e ad ogni passo si sentì avvolgere dalla voce di
Raina.
Quando finalmente arrivò in cima alle scale, si accorse
con delusione che la sua sposa aveva smesso di cantare.
Agnes si affrettò a uscire dalla loro stanza e gli rivolse un
sorriso smagliante. «Bentornato, milord» lo salutò. «Vostra
moglie vi aspetta nella vostra stanza.»
Gunnar si grattò la testa e lanciò uno sguardo confuso ad
Agnes che, percorrendo il corridoio, tentava di soffocare
qualche risatina con la stoffa del soggolo, con scarsi
risultati.
La porta della stanza era aperta e dall'interno Gunnar
sentiva provenire il suono dell'acqua che gocciolava. Si
fermò sull'uscio a godere della vista di Raina che faceva il
bagno. Lei si voltò e gli sorrise felice. La luce del tramonto
che entrava dalla finestra illuminandole i capelli, la rendeva
radiosa, eterea. L'anello con rubino che Raina portava
all'anulare sinistro, lo stesso che portava anche lui, gli
faceva l'occhiolino a rassicurarlo del fatto che era finalmente
tornato a casa.
«Marito mio, mi sei mancato» tubò dolcemente Raina e
l'espressione affettuosa con cui lo guardò riscaldò il cuore di
Gunnar.
«Anche tu mi sei mancata, moglie. Porto buone nuove
dal nostro re, ma prima, ti prego, canta ancora.»
Gunnar entrò e chiuse la porta dietro di sé. Non voleva
intromissioni quella sera.
Raina arrossì e si morse un labbro. «No, riderai di me»
replicò nascondendosi timidamente nell'acqua.
«Non riderò, lo giuro.» Gunnar prese una sedia e si mise
dietro di lei. Sollevò i capelli sciolti di Raina e li sistemò sul
bordo della vasca da bagno. «Ti prego, canta ancora.»