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Raina si svegliò sentendo le dita di Gunnar che le
accarezzavano dolcemente il viso. Aprì e richiuse gli occhi
per adattarli alla luce pomeridiana e anche per abituarsi alla
nuova prospettiva con cui guardava l'uomo che le stava
sorridendo. Come aveva potuto pensare che fosse crudele e
spietato? Quel viso così bello, e quegli occhi che la
guardavano pieni di tenerezza non potevano essere crudeli.
Quelle labbra turgide e sensuali potevano solo dare piacere.
Raina notò con disappunto che Gunnar si era già
rivestito.
«Come ti senti?» le chiese dolcemente.
In realtà, Raina non si era mai sentita più viva di così.
Tutto il suo corpo sembrava essersi svegliato mentre
facevano l'amore, liberandosi di qualcosa di più oltre al peso
della sua verginità. Stare con Gunnar in quel modo era stato
bello e aveva avuto la sensazione di trovarsi proprio al suo
posto. Gli sorrise. «Mi sento meravigliosamente bene.»
«Hai fame?»
«Solo di te» rispose tirandolo a sé per baciarlo.
«Ah, stai attenta o mi rovinerai.» Le diede un buffetto sul
naso e la fece alzare. «Vieni, c'è un cestino pieno di cose
buone che ci aspetta di sotto nella corte. Usciamo di qui per
un po'.»
Pronta a seguirlo, Raina saltò giù dal letto e s'infilò in
fretta il vestito.
Poco dopo erano nel bosco in sella al cavallo di Gunnar e
si dirigevano verso il laghetto. Gunnar si fermò dove un
vecchio salice formava una volta di foglie argentate. Uno
dei rami più grandi si allungava sopra l'argine del laghetto e