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sua mente annaspava in una marea di immagini e suoni
sfuocati.
Il viso innocente di Raina gli apparve davanti agli occhi.
Gli sorrideva teneramente e Gunnar mormorò il suo nome
o perlomeno credette di averlo fatto. Lo sentì risuonare in
ogni fibra del suo essere; il suono di quel nome, agonia e
salvezza allo stesso tempo. Gunnar pensava che Raina
avrebbe potuto raggiungerlo; pregò perché lo facesse, ma la
dolce espressione del suo viso si faceva sempre più
angosciata, il suo sguardo distante e pieno di lacrime.
È un peccato che ti importi più dei morti che dei vivi.
No! Gunnar avrebbe voluto gridare che non era vero,
avrebbe voluto dimostrarglielo, ma Raina stava lentamente
scomparendo. I suoi lineamenti si facevano sempre più
indistinti finché non restò altro che una nube di fumo grigio
a volteggiare nell'oscurità.
Gunnar aprì gli occhi e si sforzò di mandar giù i
rimpianti che gli si erano fermati in gola come nodi. Non si
era mai sentito così solo e infelice in tutta la sua vita. Era
spaventato e stanco e aveva bisogno di essere confortato.
All'improvviso sentì la voce di sua madre. Non sapeva se
si trattasse di uno scherzo della sua mente o se era il vento,
ma quella voce gli stava sussurrando che tutto sarebbe
andato per il meglio e che lei gli voleva bene.
Ricorda il coraggio di tuo padre… il suo onore… rendimi
orgogliosa di te.
La preghiera che aveva infestato le sue notti per così
tanto tempo, le parole che lo avevano spinto a combattere e
a cercare vendetta per la morte dei suoi genitori, ora gli
sembravano diverse. Improvvisamente piene di gentilezza, e
non parlavano più di morte e vendetta. Erano parole di vita.
Di amore.
Gesù, poteva essersi sbagliato in tutti questi anni?
Quanto coraggio ci vuole per uccidere un vecchio? E