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adare alle gocce che caddero sulle sue vesti macchiandole.
Dopo tanti anni di astinenza, il vino gli bruciò in gola e
nello stomaco distraendolo, anche se solo per un attimo, dal
dolore che gli attanagliava l'animo. Quell'amaro calore lo
fece tossire, ma durò poco e la tosse lasciò spazio a una
calda pastosità che il barone aveva quasi dimenticato.
Com'era facile, meditò, annegare il senso di colpa nel
vino. Com'era dolce l'idea di affogare in una nube di
ubriachezza e sfuggire così, anche solo per poche ore, alla
paura e al senso di colpa. Sapeva che un altro sorso sarebbe
stato sufficiente per perdere il controllo e bere tutto il vino.
Un altro sorso e si sarebbe perso di nuovo, forse per sempre.
Ma che importava?
Non aveva più niente da perdere. Accarezzò il boccale in
modo quasi reverenziale e rise.
Era la verità: Raina era stata rapita e niente aveva più
importanza. L'aveva protetta da tutto fino a quel momento,
l'aveva amata perché era l'unica cosa buona della sua
miserabile esistenza. Era riuscito a coprire le sue malefatte e
a mantenersi sobrio solo per amore di sua figlia. Per paura
di perderla, non le avrebbe mai fatto scoprire la verità su suo
padre, e adesso gliel'avevano portata via.
Afflitto, il barone fissò il boccale. Se lo portò di nuovo
alle labbra e ne bevve tutto il contenuto. Si passò poi un
braccio sulla bocca, per pulirsi, tossendo per il forte sapore
del vino.
Pianse lacrime amare, che bruciavano come fuoco
mentre il dolore gli gonfiava il petto e il senso di colpa gli
divorava il cuore. Avvertì un brontolio allo stomaco, che
strisciante gli arrivò alla testa e poi riempì tutto il castello
con il grido angosciato di un uomo che aveva perso tutto.
Mentre Rutledge si addentrava nella foresta insieme agli
altri due cavalieri, un lupo fece risuonare il suo latrato in