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glieli bloccò sopra la testa. Lei lo guardò, il suo cuore
batteva contro il petto di Gunnar, i suoi seni si alzavano e si
abbassavano al ritmo del suo respiro ansimante. «Forse
desideri stare lontana da me ad ogni costo, ma non sei una
martire, Raina. No, credo che il tuo tentativo di fuga non
abbia niente a che vedere con la volontà di salvare tuo
padre, quanto con il salvare te stessa.»
«Da cosa?»
«Da me.»
Raina rise a queste parole, ma sembrava una risata
dubbiosa. Aveva troppa fretta di negare quelle supposizioni
e la sua voce si ammorbidì quando gli disse: «Non mi fai
paura.»
«No?» la sfidò lui, curioso di scoprire fino a che punto lei
dicesse la verità. «Nemmeno se ti dico che ti ho voluta così,
sotto di me, dal primo momento che ti ho vista?»
A queste parole Raina sbarrò gli occhi ma non distolse lo
sguardo.
«Non senti ora quanto ti desidero? E che mi dici di
quando ti sfioro, Raina?» le sussurrò mentre le passava le
dita sulle braccia. Raina rabbrividì al suo tocco e sospirò
trattenendo in gola un gemito di piacere. «Perché tremi
allora, se non hai paura di me? Dimmi, agnellino…»
«Smettila di tormentarmi!»
«Forse è qualcosa di più oscuro della paura, qualcosa che
non hai mai provato finora e a cui non sai dare un nome.»
«Smettila» disse con voce strozzata, mentre le labbra di
lui si avvicinavano alle sue.
«Oddio… ti prego, no…»
Gunnar la guardò socchiudere gli occhi e aprire
leggermente le labbra, il suo respiro leggero e caldo. Raina
era diventata arrendevole e Gunnar percepiva il suo
desiderio di essere baciata, ed esitò, assaporando fino in
fondo l'espressione lasciva sul volto di lei. Le loro labbra si