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Raina trascorse il resto della giornata e tutta la notte chiusa
in camera sua. Nigel le aveva detto che tutti gli abitanti del
castello la ritenevano responsabile della morte del loro lord
e lei non riusciva a sopportarlo. Si rifiutò di abbandonare il
suo rifugio anche quando udì nel salone i preparativi per la
colazione. Il dolore e il senso di colpa l'avevano prostrata,
togliendole ogni forma d'appetito, se non quello per la pace
della sua stanza.
Era seduta sul davanzale della finestra a guardare le
prime luci dell'alba. Aveva appena vissuto il giorno più
brutto di tutta la sua vita, ma nonostante il dolore e
l'angoscia che provava, Raina aveva ancora la forza di
pregare per rivedere Gunnar.
Non si era separata dagli anelli che le aveva dato; tenerli
così vicini al suo cuore le infondeva coraggio, speranza. Era
divorata dai dubbi e tormentata dal dolore per la morte di
suo padre, ma la fiducia che aveva riposto in Gunnar non
vacillò mai. Sapeva di non essersi sbagliata su di lui; non
dopo tutto quello che avevano condiviso. Lui l'amava.
Raina lo sentiva in fondo al cuore. Aveva bisogno di credere
nel suo amore, ora più che mai.
All'improvviso sentì bussare alla porta della sua stanza.
Un attimo prima che Nigel entrasse, quel suono secco la
scosse dai suoi pensieri riportandola di nuovo alla cupa
realtà. Indossava un nuovo abito di seta chiara, decisamente
più appropriato a un lord che a uno dei suoi soldati. I suoi
capelli biondi brillavano quasi quanto i suoi occhi e si era
rasato la rada peluria che gli cresceva sul mento. Raina si
era sentita morire il giorno prima, mentre Nigel sembrava