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quanti, tranne Rutledge, gridavano saluti agli altri soldati
appostati sulle merlature, Raina osservò quello che doveva
essere il covo del suo sequestratore.
Il mattino aveva appena iniziato a fare capolino dietro la
linea dell'orizzonte, dipingendo il cielo con pennellate rosa
chiaro e avvolgendo la torre e le vecchie mura di una luce
calda e dorata. Una leggera foschia circondava la collina su
cui sorgeva il castello, conferendo un aspetto etereo a
un'abitazione altrimenti modesta e bisognosa di essere
ristrutturata, nascosta in un angolo tranquillo e dimenticato
da tutti della campagna del Nord. Intorno a lei si apriva un
paesaggio mozzafiato: le prime luci dell'alba facevano
risplendere la rugiada che bagnava i prati su cui spiccavano
bellissimi fiori di campo bianchi e gialli e macchie di erica
color indaco. Non era un luogo caotico e rumoroso come
Norworth. Era un posto tranquillo, molto diverso da quello
che Raina si aspettava di trovare.
La sua prigione, pensò in fretta, nel tentativo di bloccare
qualunque altra impressione piacevole. Quella campagna
invitante e l'aspetto accogliente della fortezza non erano
altro che illusioni, proprio come aveva dimostrato di essere
Rutledge, fingendo prima di volerla proteggere, poi
dicendole di voler essere il suo campione e infine rivelando
la sua vera natura malvagia. Se fosse stata intelligente
avrebbe cercato il modo di scappare invece di fare pensieri
romantici su un luogo di cui Rutledge, con tutta probabilità,
si era appropriato con la forza.
Prima che Raina potesse considerare l'idea di fuggire, il
gruppo risalì la collina e attraversò i cancelli della fortezza,
oltrepassando il muro di cinta. Raina constatò con sorpresa
che la vecchia grata era ancora funzionante e quando questa
si richiuse alle loro spalle con un pesante tonfo metallico,
capì che tutte le speranze di fuggire erano rimaste chiuse
dall'altra parte.