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Registro missive n. 5 - Istituto Lombardo Accademia di Scienze e ...

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delli Magistri nostri delle entrate tu vada pur facendo ad modo tuo...maxime quando<br />

vedemo che tu sey cossì negligente nel cose tochano el Stato nostro.. et, sollecitato, non<br />

habi pur facto rescodere uno denari de dare alli conestabili delle porte de Milano; che de<br />

quanti officiali habiamo non ne cognascimo già niuno più negligente de ti.<br />

Constatazione <strong>di</strong> una burocrazia <strong>di</strong> certo non esemplare, cui peraltro corrisponde, come<br />

accennato, un puntuale (cioè costante) <strong>di</strong>simpegno dal dovere della precisione nella<br />

corresponsione dei salari, generando un intrecciarsi <strong>di</strong> concause, originanti incresciosi<br />

interventi, quali quelli denunciati.<br />

E’ una situazione non ignota allo Sforza: in<strong>di</strong>vidua (3 settembre), ad esempio, nel<br />

malcontento (e nei conseguenti riprovabili contegni) dei connestabili delle porte una delle<br />

tre rasone quale poriano indure i Veneziani a fare qualche novità de guerra contro le<br />

nostre cose. Or<strong>di</strong>na, perciò, ai membri del Consiglio segreto <strong>di</strong> carricare et stringere li<br />

Maestri delle entrate a farli fare el debito loro, siando la cosa de importantia come ella è.<br />

Sul corale lamento per gli arretrati si sintonizzano i membri del Consiglio segreto, organo<br />

statale, che pur è, al <strong>di</strong>re dello stesso principe, il principale et più <strong>di</strong>gno. Anche tale sommo<br />

organo istituzionale si duole che non può conseguire il pagamento delle paghe soe et che<br />

gli restano da qui indreto circa libre 9000 soa e sa che fino a gennaio non potrà avere se<br />

non meza paga per mese ( 8 ottobre).<br />

Ulteriore testimonianza del <strong>di</strong>ffuso <strong>di</strong>sagio, che porta a coonestare il ricorso ai più volte<br />

citati inghippi, ai quali ricorrono persone anche non lontane dal circolo ducale, è offerta<br />

dalla copia litterarum scriptarum familiaribus ducalibus: ... siamo certificati che in casa toa<br />

sono riposte de molte biade et vino de altre persone et vicini tuoi per conservarle exempte.<br />

Il duca, che tutto ciò con certezza da tempo sa, si decide a intervenire e pone quel suo<br />

sud<strong>di</strong>to beneficiante <strong>di</strong> esenzione (è un suo famigliare) <strong>di</strong> fronte al <strong>di</strong>lemma <strong>di</strong> denunciare<br />

l’amico o <strong>di</strong> onorare l’omertà con il pagamento degli onori dovuti per la merce (non sua)<br />

occultata al fisco ducale (8 ottobre).<br />

Tema nel precedente registro delle Missive trattato è quello delle biade: esso è ancora qui<br />

presente, ma con particolare accentuazione politica nei riguar<strong>di</strong> delle esportazioni in terre<br />

veneziane senza, comunque, escluderne i <strong>di</strong>vieti in opposte <strong>di</strong>rezioni. Così, quando il<br />

capitano genovese Antonio Campofregoso chiederà licenza <strong>di</strong> condurre tale merce nelle<br />

sue parti, avrà dallo Sforza un <strong>di</strong>niego, se si vuole, temporaneo: gliela negherà, asserendo<br />

che al momento non lo potrebbe compiacere se non con gran<strong>di</strong>(ssi)mo detrimento,<br />

rinviando il tutto a dopo il mese <strong>di</strong> ottobre (10 settembre). La ragione è <strong>di</strong> facile intuizione: è<br />

data dalla stagione dell’anno, in cui <strong>di</strong> fronte ai tempi delle raccolte, è più suadente la<br />

sollecitazione delle “frosacioni”. Infatti, il giorno precedente aveva scritto al conte Giovanni<br />

Balbiano lodandolo per il bando fatto dele frosacione dele biade se commetteno in quello<br />

paese.<br />

L’avverte d’aver <strong>di</strong>sposto che non <strong>di</strong>a più licenze <strong>di</strong> esportazione <strong>di</strong> grano, avendole<br />

riservate in tutto il territorio sforzesco a lui solo. Passeranno quin<strong>di</strong>ci giorni e, il 25<br />

settembre, il duca gli riba<strong>di</strong>rà: non debiati observare licentia veruna nisi le nostre<br />

sottoscripte de nostra propria mane. In aggiunta, vuole che faccia uno quaternetto de tutte<br />

quante le biave se haveranno a condure fora de quelle parte cum le <strong>di</strong>cte nostre licentie,<br />

contrascribendo a Nicolò da Palude, quale similmente tenerà uno altro quadernetto, oltre al<br />

compito <strong>di</strong> riscuotere <strong>di</strong>eci sol<strong>di</strong> imperiali per ogni soma. Disposizione che fa manifesto,<br />

con anche le nuove complicazioni scrittorie, l’insuccesso dei <strong>di</strong>vieti, a inconfutabile<br />

attestazione che i bisogni esistenziali possono e sanno prevalere, specie in una temperie<br />

quale quella del 1451, in cui peste, fame e minacce <strong>di</strong> guerre imperversano.<br />

Lo Sforza si arrenderà, poi, alla realtà della migliorata situazione, rendendo meno<br />

vincolanti le restrizioni e scriverà (27 settembre) al capitano del <strong>di</strong>stretto <strong>di</strong> Cremona:<br />

volimo che lassi andare e venire le victualie de l’uno canto all’altro, come se soleva,<br />

excepto blade et bestiame. Attesterà obtorto collo che l’in<strong>di</strong>ce accusatore, più che sulla<br />

gente comune, va appuntato sui suoi famigli che non solum fanno la scorta ali conduciari<br />

de biave et bestiame contra l’or<strong>di</strong>ni nostri, ma loro proprii ne conducano più che non fa la<br />

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