pater familias

ovviamente, conseguenze importanti riguardo al modo in
cui tale tutela si configurava.
In questa prospettiva mi sembra qui opportuno prendere le
mosse da un lavoro che ha indubbiamente rinnovato la
discussione in materia. Mi riferisco ancora una volta
all’opera di Zannini, il quale difende la sua tesi, che
attribuisce all’istituto uno scopo esclusivamente
patrimoniale, mettendosi, spesso in netta opposizione con
la dottrina più risalente.
Zannini nega che la normativa decemvirale abbia
introdotto la facoltà di nominare un tutore testamentario
per la donna, perché crede che la datio tutoris sia in
contrasto con la funzione storica dell’istituto: perciò
considera la disciplina della tutela muliebre disgiunta da
quella pupillare.
Per suffragare questa sua opinione Zannini 261 fa leva
soprattutto su D.26,2,1 pr.. A suo parere questo frammento
ha come oggetto la sola tutela dell’età; l’attuale contenuto
del passo sarebbe quindi frutto di una dimenticanza dei
compilatori, i quali, nel trascriverlo, avrebbero omesso di
aggiungere il requisito dell’impubertà per i liberi che si
trovava nell’originale gaiano. Correggendo così il testo
attuale, ne risulterebbe che le XII tavole, in realtà,
avrebbero dato al pater familias la facoltà di scegliere il
tutore solo per i figli impuberi, maschi e femmine, mentre
le filiae familias puberi e sui iuris, dalle origini fino alla
tarda Repubblica, sarebbero ricadute, automaticamente,
sotto la tutela legittima degli agnati o dei gentili, loro unici
possibili tutori, in quanto eredi ab intestato 262 .
261 ZANNINI P., Studi,II. cit., 69 ss.
262 ZANNINI P., Studi, II., cit., 62.
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