pater familias

avesse compiuti i quattordici anni di età. L’obbligo di
gestire il patrimonio del minore interessò, per primo, il
tutore decretale, avendo il medesimo il dovere di
proteggere gli interessi del minore; tale regime di
responsabilità fu esteso, in età classica, al tutore
testamentario e, in periodo postclassico, a quello legittimo
a causa dell’avvicinamento dei tre tipi di tutela 162 .
I compiti originari del tutore degli impuberi erano, dunque,
limitati, come sempre fu per il tutor mulierum, alla
prestazione dell’auctoritas, la quale era prevalentemente
diretta a tutelare le aspettative del tutore e della famiglia.
Per quanto riguarda gli atti formali, l’auctoritatis
interpositio doveva essere rilasciata in forma solenne.
Quando invece prevalse l’elemento del munus, il consenso
fornito dal tutor in campo negoziale assunse un ruolo
integrativo della volontà dell’impubere. Quindi, ab antiquo
e fino all’epoca classica, il tutore, che non fosse decretale,
molto spesso si limitava a sorvegliare la gestione del
patrimonio pupillare portata avanti dalla madre-educatrice.
Tornando alla tutela mulierum, l’assenza di responsabilità
del tutore nei confronti della mulier in ogni tempo è
confermata dalle Istituzioni gaiane:
Gai.1,191: Unde cum tutore nullum ex tutela iudicium
mulieri datur; at ubi pupillorum pupillarumve negotia
tutores tractant, eis post pubertatem tutelae iudicio
rationem reddunt.
La donna, poiché gestiva da sé il suo patrimonio, non
poteva intentare l’actio tutelae contro il tutore; l’azione,
appunto, aveva come presupposto la gestione dei beni del
tutelato; allo stesso modo e per la medesima motivazione,
162 TALAMANCA M., Istituzioni di diritto romano, cit., 163ss.
71