pater familias

il divieto previsto per le donne che volessero gerire la
tutela di pupilli, che non fossero loro figli, nell’incipit del
rescriptum, e l’eccezionale tutela delle madri a determinate
condizioni, per quanto riguarda la legislazione del 390
d.C.. Ritengo che questa opinione vada condivisa: infatti i
compilatori devono aver diviso in due sezioni il rescritto di
Alessandro Severo, con lo scopo di utilizzarne la prima
parte, per ricordare il principio generale del munus
masculorum, senza tener conto del caso specifico di
Otacilia, madre del pupillo, come si evince solo dalla
lettura della seconda parte del rescriptum conservata in C.
5,31,6. Crifò 701 vuole accordare anche C.5,31,6 con la
normativa del 390 d.C.: l’autore spiega il rifiuto indirizzato
ad Otacilia, nonostante fosse la madre del pupillo e non un
estranea, con l’esistenza di uomini idonei ad essere tutori
legittimi o testamentari dell’impubere. Tuttavia
quest’ultima ipotesi non convince, poiché, se si considera
il rescritto del 224 d.C. nella sua interezza, è evidente che
Alessandro Severo volle ristabilire l’antico regime,
escludendo in assoluto, senza eccezioni, tutte le donne
dall’ufficio tutelare 702 .
La legislazione giustinianea ampliò il ruolo della madre
tutrice:
C.5,35,3pr: Si pater secundum nostram constitutionem
naturalibus liberis in his rebus, quae ab eo in eos
profectae sunt, tutorem non reliquerit, mater autem
voluerit eorum, sive masculi sunt sive feminae, subire
tutelam, ad exemplum legitimae subolis liceat ei hoc
facere, quatenus actis sub competenti iudice
701 CRIFÒ G., Sul problema della donna tutrice, cit., 122.
702 MASIELLO T., La donna tutrice, cit., 79; VIARENGO G.,
Studi su Erennio Modestino, Profili biografici, Torino 2009, 142.
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