pater familias

nuptialis del 9 d. C., Augusto riformò il diritto di famiglia,
con un duplice scopo: rimediare all’allarmante calo
demografico, che stava assottigliando la classe dominante,
e risanare i costumi, riaffermando l’importanza delle
unioni coniugali liberorum quaerendorum causa 583 .
La normativa obbligava a sposarsi e ad avere figli i
cittadini appartenenti a determinate fasce d’età,
minacciando restrizioni in ambito successorio a carico dei
trasgressori.
A favore dei padri e delle madri fu stabilito il ius
liberorum, che prevedeva dei vantaggi sia sul terreno del
diritto pubblico che su quello del diritto privato. Il
conseguimento del “diritto dei figli” era molto rilevante
soprattutto per le donne, perché, fra i vantaggi privatistici,
includeva l’esenzione dalla tutela, con l’effetto di poter
compiere negozi, sia inter vivos che mortis causa, senza
l’assistenza di un tutore. Inoltre i divieti successori previsti
dalla lex Voconia non riguardavano le mulieres che
avessero ottenuto il diritto in esame 584 . Augusto, anche se
non era il suo fine precipuo, contribuì così ad incrementare
l’autonomia della donna.
Gaio, pur ribadendo che la tutela muliebre era perpetua,
conferma che le donne sfuggivano a questo principio di ius
civile solo iure liberororum ex lege Iulia et Papia:
Gai.1,145: Itaque si quis filio filiaeque testamento
tutorem dederit, et ambo ad pubertatem pervenerint,
583 BIONDI B., La legislazione di Augusto, in Scritti, II, Milano,
1965, 128 ss.; ZANNINI P., Studi, I, cit., 15; ZABLOCKA M., Il
“ius trium liberorum” nel diritto romano, in BIDR XCI (1988),
361 ss; ASTOLFI R., La lex Iulia et Papia , ed.3, Padova 1996,
325 ss.
584 ARANGIO-RUIZ V., La legislazione [augustea], ora in Studi di
diritto romano, III, Napoli 1977, 262 ss.
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