pater familias

poteva anche non avvenire 152 , poichè la comunione era
conforme all’interesse superiore di mantenere integro il
patrimonio della familia communi iure; interesse da cui,
come abbiamo visto, era fortemente influenzata la
configurazione stessa dell’istituto tutelare primitivo. In
ogni caso è certo che, a partire dall’ultimo secolo della
Repubblica, il consortium ercto non cito cadde in
desuetudine 153 .
A sostegno di questa tesi mi sembra importante
l’argomentazione formulata da Peppe 154 , partendo dalla
lettura di un paragrafo gaiano.
Gai. 2,47: Item mulieris, quae in agnatorum tutela erat,
res mancipi usucapi non poterant, praeterquam si ab
ipsa tutore auctore traditae essent: et ita lege XII
tabularum cautum est.
La norma relativa all’inusucapibilità delle res mancipi
appartenenti a una donna è stata recepita dalle XII Tavole.
Peppe non analizza il tema oggetto di Gai. 2,47 155 , ma
parte dal dettato del paragrafo, per dimostrare che la
donna, già prima dell’emanazione della legge decemvirale,
poteva essere proprietaria di res mancipi, quindi, per
152 Da sottolineare che serbare le ricchezze paterne indivise
garantiva l’iscrizione dei consortes alla stessa classe censitaria a
cui era appartenuto il pater familias defunto, mantenendo intatta
l’importanza della familia in ambito sociale. Cfr. FAYER C., La
familia romana, cit., 27 e 28.
153 FAYER C., La familia romana, cit., 28.
154 PEPPE L., Rec. di L. MONACO, Hereditas e mulieres.
Riflessioni in tema di capacità successoria della donna in Roma
antica, Napoli 2000, in in Iura. Rivista internazionale di diritto
romano e antico, LI (2000), 212.
155 Vd. infra p.76 e nt.171.
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