pater familias

EPILOGO
A conclusione della presente ricerca, si vuole sottolineare
un aspetto a cui si è più volte accennato nel corso della
trattazione. Esiste una contrapposizione netta tra la dottrina
che non attribuisce capacità giuridica e d’agire alla donna
ab antiquo, la quale pensa che nei primi secoli di Roma la
tutela fosse un istituto analogo alla patria potestas, e gli
studiosi che, invece, pensano che la mulier sia stata
soggetto di diritti fin dai primordi dello ius civile, i quali
definiscono la tutela come istituto esercitato su persone sui
iuris atto a salvaguardare esclusivamente gli interessi
patrimoniali della famiglia agnatizia.
Si è detto che la tutela dei primi secoli per la dottrina
tradizionale era caratterizzata da “connotati potestativi”
come espressione riassuntiva di “una patria potestas
agnatizia su donne puberi prive di pater familias”.
Chi crede alla natura patrimoniale ha rifiutato tale
definizione dell’istituto tutelare, non ammettendo che la
donna, per secoli, non sia stata titolare di diritti. Quindi la
dottrina più recente, in merito alla natura e alla funzione
della tutela muliebre, tende a contrapporre la concezione
potestativa dell’istituto alla connotazione funzionale
abbinata allo scopo patrimoniale della tutela.
A mio modo di vedere, però, questa antitesi è fuorviante.
Tant’è che anche chi pensa che le donne siano state
sottoposte a tutela intesa come istituto su persone sui iuris
non prima dell’epoca medio repubblicana non nega che la
tutela sia nata a salvaguardia degli interessi patrimoniali
degli agnati, anzi fatica a credere che le donne fossero sui
iuris ed ammesse alla successione proprio per la
preminenza della necessità di mantenere integro il
patrimonio della familia communi iure. Quindi sarebbe più
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